La Politica del Kaizen

(Il lungo cammino della politica)
di Ignazio Caloggero

Dire formalmente quali sono le cose da fare
Fare realmente le cose che si dice di fare
Dimostrare che si è fatto ciò che si è detto di fare

PERCHÉ IL PROGETTO.

Sono passati circa venti anni da quando mi venne l’idea di un progetto relativo all’applicazione del concetto di qualità in politica. Scopo del progetto era, l’utilizzo di metodologie operative e comportamentali finalizzate al miglioramento di una struttura organizzativa.

Ritenevo che un argomento così complesso e delicato non poteva  essere trattato in modo esaustivo da un singolo individuo, perché tutto ciò che riguarda la collettività necessità del contributo di tutti, di conseguenza cercai di coinvolgere il maggior numero di persone, aprendo il progetto a tutti: a chi s’interessava di politica a qualunque livello, ma anche a chi di politica non si interessava, essendo comunque, da cittadino, soggetto alle conseguenze delle azioni dei politici.

Purtroppo non è andata come speravo; ho sì ricevuto complimenti e approvazione, ma questi non sono contributi che riempiono di contenuti il progetto. Decisi di abbandonare il progetto… adesso, dopo tanti anni, più per divertimento che per altro, ho deciso di riproporlo online, aggiungendo qualche piccola correzione, senza nessuna pretesa che questa volta i risultati di tale iniziativa siano diversi da quelli avuti 20 anni fa.

E’ realistico pensare all’impossibilità di arrivare alla perfezione e quindi al partito (o movimento) ideale, ma tale considerazione non giustifica la rinuncia a qualsiasi tentativo che ci permetta almeno di ridurre la distanza che esiste tra noi e la perfezione, consapevoli che mai la raggiungeremo, ma con la soddisfazione che se ce ne allontaneremo, non sarà per nostra volontà.

Prima di proseguire è giusto che spieghi cosa significhi il termine Kaizen, parola giapponese che può essere tradotta con la frase “miglioramento continuo”. (da Kai=cambio e Zen= miglioremento). Applicare la filosofia del Kaizen significa utilizzare una metodologia di tipo incrementale che, grazie a piccoli passi costanti nel tempo, permette di raggiungere l’obiettivo prefissato.

Chi avrà la pazienza di leggere almeno la prima parte del presente lavoro, potrà avere chiaro il perché siano accomunati i concetti di qualità e politica. Tale accomunamento l’ho già operata in altri settori quale quello culturale, e questo non a caso. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che politica e cultura dovrebbero essere visti al servizio della società, e quindi proprio per questo costituire un terreno fertile per molti concetti noti agli esperti della “qualità dei sevizi”.

Nel progetto per prima cosa viene fornita una definizione formale di “qualità”. Definita cos’è la qualità bisogna poi misurarla, ecco quindi la necessità di individuare dei criteri misurabili attraverso opportuni indicatori che ci permettono di quantificare la distanza esistente tra un partito qualsiasi preso a riferimento e quello ideale.

In realtà essendo un partito (o movimento) una struttura suddivisa in tante sottostrutture diffuse sul territorio e dotate di una certa autonomia organizzativa (basti pensare agli organismi regionali, provinciali e comunali), molti di tali criteri vanno applicati alle singole sottostrutture del partito, la cosa è utile in quanto rende possibile analisi comparative tra strutture distinte dello stesso partito.

Il vero problema in un progetto come questo non è tanto individuare i fattori di qualità (sarebbero solo belle parole piene di nulla), quanto gli indicatori che ne permettono la misurazione; essi debbono avere, infatti, la caratteristica di poter essere realizzati nella realtà quotidiana, diversa a secondo del contesto. Questo significa che alcuni indicatori saranno facilmente realizzabili in certi contesti ma non in altri, oppure la loro applicazione sarà differenziata in quanto adattata alla particolare realtà operativa.

Alcuni concetti esposti in questo documento sono già presenti in alcuni statuti di partito, eppure fin troppo spesso non trovano reale applicazione, bisogna allora capire se questi concetti sono errati e quindi inapplicabili oppure se vi è resistenza nella loro reale applicazione; nel primo caso bisogna avere il coraggio di chiedere la riformulazione degli statuti, nel secondo caso invece è necessario lottare al fine di superare le resistenze che ostacolano la loro applicazione.

I principi, i fattori e i relativi indicatori presentati nel documento, devono essere considerati solo come elementi di base per ulteriori approfondimenti; in questa versione alcuni indicatori sono solo enunciati, altri mancano del tutto non avendo mai completato il progetto per i motivi detti inizialmente.

Altri fattori andranno aggiunti, probabilmente tra questi bisognerà approfondire concetti quali: capacità di governo, credibilità, capacità di crescita, capacità d’innovazione ed altri ancora.

Ho voluto aggiungere una seconda parte che riguarda alcune mie riflessioni su argomenti che hanno una certa attinenza con la politica. Chi mi conosce sa che sono concetti e riflessioni non nuovi in quanto esposti in svariate occasioni, pubbliche e private, ho solo voluto raccogliere e mettere assieme alcuni miei pensieri al fine di ricapitolare alcune idee in cui credo.

Sia nella prima sia nella seconda parte mi sono divertito a introdurre citazioni classiche come, ad esempio, questa di Fedro:

“Chi manca di virtù e si vanta a parole, inganna chi non lo conosce, ma è motivo di riso per chi lo conosce”

beninteso, le citazioni non hanno lo scopo di dare sfoggio di una cultura o conoscenza linguistica che non ho (come suggerisce giustamente Fedro ingannerei solo chi non mi conosce o chi non è colto e farei ridere chi mi conosce bene o è dotato di vera cultura). Io sono quello che sono, e non ho bisogno di nascondere me o le mie idee dietro frasi fatte, ma ritengo comunque di essere profondamente debitore agli insegnamenti della storia, e se a volte mi permetto di citare autori classici è perché vorrei che altri riflettessero e guardassero al passato, dentro se stessi e dentro la storia, maestra spesso ignorata, di vita.

C’è chi ritiene che sia essenziale dire a tutti i costi qualcosa di nuovo, di originale, credo che solo in parte abbia ragione, ogni nuovo contributo arricchisce il sapere collettivo, ma la saggezza dovrebbe consigliare di non avere la presunzione di pensare di essere i primi  ad arrivare a certe idee o conclusioni. Bisogna cercare di acquisire cose nuove non dimenticando di utilizzare al meglio quelle acquisite; spesso abbiamo già a disposizione quel che ci serve senza necessariamente cercare di reinventarcelo nuovamente. Goethe affermava che tutto ciò che è intelligente è già stato pensato; basta cercare di pensarlo di nuovo.

Dietro molte frasi antiche c’è la testimonianza di quanto i nostri avi conoscessero bene l’animo umano oltre a dimostrare spesso una saggezza che sembra ormai agonizzante. Il loro significato, superando lo stesso presente, è destinato a rimanere nel futuro, a disposizione di chi avrà ancora l’umiltà di accettare gli insegnamenti provenienti da molto lontano.

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