Iolao 

di Ignazio Caloggero

Eracle e Iolao. Mosaico del I secolo a.C., esposto al Nymphaeum di Anzio di Roma

Pagina di riferimento: Repertorio dei Culti e dei Miti

Il mito è legato a quello di Eracle (Ercole)

Origini del Mito

Iolao era un antico eroe tebano, il suo culto si diffuse ad Atene, dove subì una trasformazione venendo declassato a nipote di Eracle (figlio del fratellastro Ificle) a cui legherà il suo destino come compagno fedele  in quasi tutte le sue avventure. Iolao divenne l’auriga del carro da guerra di Eracle, vincendo anche la corsa con il carro nei primi Giochi Olimpici istituiti proprio da Eracle. Iolao fu mandato da Eracle a colonizzare la Sardegna assieme ai Tespidi (i figli che Eracle aveva avuto dalle figlie del re Tespe).

Una volta portato a termine la colonizzazione della Sardegna, Ioalo fece venire dalla Sicilia Dedalo e gli fece costruire molte opere chiamate “Dedaleia”[1]. Del culto di Iolao in Sardegna, è testimonianza il fatto che uno dei popoli indigeni della Sardegna era chiamata Iolei[2]

Prima del suo ritorno in Grecia dalla Sardegna, Ioalo ritornò in Sicilia dove vi visse a lungo.

Ioalo fu fedele a Eracle anche dopo la sua morte, fu lui infatti a uccidere Euristeo che perseguitava gli Eraclidi (i figli e i discendenti di Eracle). Per l’occasione lo stesso Eracle, divenuto ormai una divinità ed Ebe, gli diedero la forza e la giovinezza.

Il mito in Sicilia

Troviamo Ioalo in Sicilia, al fianco di Eracle e ad Agira, fu costruito, per volere di Ercole un tempio a lui dedicato. Diodoro Siculo (Lib. IV.24) racconta come per ordine dello stesso Ercole, ad Agira furono offerti annualmente a Iolao, e che fu venerato come un dio cui i giovani sacrificavano la propria chioma, dopo essersela fatta crescere fin dalla nascita.

Diodoro Siculo racconta anche come i giovani che non adempievano ai consueti sacrifici in onore di Iolao, perdevano la parola e divenivano simili ai morti, mentre quelli che essendo già malati onoravano con i propri sacrifici, Iolao, riprendevano vigore guarendo dai loro malanni.

Sincretismo religioso

Ciaceri racconta come in tempi moderni vigesse, ad Agira, l’usanza di immolare la propria chioma a S. Filippo (il patrono della città) che, in chiave sincretica, ha sostituito, Iolao, l’amico fedele di Eracle[3].

San Filippo nato in Tracia, regione balcanica verso la fine del V secolo. Era un sacerdote ed esorcista, e fu mandato a svolgere il suo operato in Sicilia. Diventò celebre per i suoi miracoli ed in particolare per la sua funzione di esorcista. San Filippo muore a 63 anni,  il 12 maggio di un anno imprecisato, della seconda metà del VI secolo. Sul luogo della sua morte fu edificata una chiesa e successivamente un monastero. Agira prese il nome di S. Filippo d’Agira, nome mantenuto fino al 1939, anno in cui ritornò ad essere indicata con il solo nome di Agira. Il Santo, oltre ad Agira è particolarmente venerato a Calatabiano e la Festa a lui dedicata è raccontata dal Pitrè[4].  

Il Fazello racconta, in modo estremamente minuzioso la sua visita ad Agira, avvenuta nell’anno 1541  in occasione della Festa di S. Filippo e dei miracoli a cui lui stesso assiste, in particolare  dei miracoli di S. Filippo e degli esorcismi in massa avvenuti durante la sua festa.

“ Essendo l’anno MDXLI in Argira, nel giorno che si fa la festa di San Filippo, dove io era andato con molti altri per divotione, ritrovai che vi erano state condotte quasi dugento femine spiritate. Et era cosa maravigliosa a vedere, come elle, non dà per lor medesime, ma spinte dal Demonio, facevano mille pazzie col mandar fuori voci, e stridi, più che humani, et horribilissimi, e come senza vergogna alcuna gettavan via i panni, si scapigliavano, dirugginavano i denti, torcevano la bocca e gli occhi, buttavan fuori schiuma per la bocca, alzavan con gran forza le braccia, e tutto il corpo in alto, ingrossavano la lingua, la gola, e le vene della gola, e mostravano finalmente in tutta la persona un furore inaudito, e grandissimo. Ascoltai alcune, che parlavano in lingua greca, alcune in lingua Latina, et alcune pronuntiavano perfettissimamente la favella Saracina, et era il lor parlare tanto pulito, e delicato, che non si saria forse potuto sentir tale in coloro, c’havessero consumato gran tempo in apparar quelle lingue.” [5]

Se i giovani si svegliavano dal loro sonno simile alla morte grazie alle preghiere rivolte a Iolao, San Filippo ha la facoltà di svegliare le persone all’ora precisa che desiderano.

“ Esse non hanno a fare altro che recitargli prima un paternostro e la seguente orazione, dove è segnato con puntini l’ora che il devoto indica:

Sal Filippo d’Argirò

Iu dormu e vui no;

Io dormu e vui vigghiati,

Dumani a …. Uri mi sbigghiati” [6]

Estratto dal Libro Miti dell’Antica Sicilia”   di Ignazio Caloggero ISBN:9788832060157 © 2022 Centro Studi Helios srl

[1] Diodoro Siculo. Lib. IV. 30. Con il termine “Dedaleia” oggi si vuole indicare le torri nuragiche dell’età del bronzo ancora visibili in Sardegna.

[2] Il popolo degli Iliei (o Iolei) era un popolo nuragico (II millennio a.C.) della Sardegna centro-meridionale

[3] Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell’Antica Sicilia p. 287

[4] Giuseppe Pitrè. Feste Patronali in Sicilia XXIV

[5] Tommaso Fazello: Le due deche dell’Historia di Sicilia. Prima Deca, Decimo Libro

[6] Giuseppe Pitrè. Feste Patronali in Sicilia XXIV

 

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