Eracle (Ercole)

di Ignazio Caloggero

Fontana di Ercole – Noto (Foto di Ignazio Caloggero)

Pagina di riferimento: Repertorio dei Culti e dei Miti

Origini del Mito

Eracle è senza dubbio l’eroe più popolare di tutta la mitologia greca. I Latini lo chiamarono Ercole e si può dire che quasi tutti i popoli dell’area mediterranea cercarono di appropriarsi della sua gloria, affermando che fosse passato per il loro territorio o identificandolo con uno degli eroi indigeni, come incarnazione locale dell’Eracle greco.

Eracle è figlio di Alcmena e di Anfitrione, anche se il vero padre è Zeus che, approfittando dell’assenza di Anfitrione, ne assunse l’aspetto, riuscendo così ad ingannare Alcmena e passò con lei una notte di amore, la cui durata fu, per ordine di Zeus, di tre giorni e tre notti, durante la quale fu concepito Eracle. L’ennesimo tradimento di Zeus fece arrabbiare molto Era, la moglie ufficiale di Zeus, che perseguitò per tutta la vita Eracle. Il nome Eracle significa: “gloria di Era”, significato dai connotati ironici, visti i rapporti tra i due, a meno che non si viglia intendere come “gloria per mezzo di Era”, dato che gran parte delle gesta eroiche di Eracle furono proprio dovute alle difficoltà che dovette affrontare a causa dell’instancabile Era.

Moltissimi scrittori dell’antichità parlarono di Eracle, e tra questi non poteva mancare Diodoro Siculo che, essendo siculo di nome e di fatto (era nato ad Agirio nel 90 a.C.), più degli altri narrò delle imprese di Eracle in Sicilia[1]. Ciò che caratterizza il racconto di Diodoro Siculo è il fatto che le imprese di Eracle, sono raccontate non solo come le gesta di un eroe siculo, ma in molti casi a capo di un vero e proprio esercito.   

Le imprese leggendarie di quest’eroe furono tantissime. Ancora in fasce, strozzò i due serpenti mandati da Era per ucciderlo, famose sono quelle conosciute come le “dodici fatiche di Eracle”, ed altre imprese che lo videro a capo di eserciti, e a tante altre avventure secondarie, sopraggiunte durante il compimento delle fatiche.

Le dodici fatiche sono le imprese che Eracle eseguì per ordine del cugino Euristeo, cui dovette sottomettersi, secondo alcune versioni della legenda, per espiare un delitto compiuto in età giovanile, l’uccisione del suo insegnante Lino. Uno dei suoi insegnanti di nome Eumolpo, aveva il compito di insegnargli il canto e l’uso della lira. Un altro insegnate di nome Lino gli insegnava lettere ma una volta dovette sostituire Eumolpo, per cui si occupò anche di dargli una lezione di lira. Eracle non gradi il suo modo di insegnare e Lino gli diede uno schiaffo, per tutta risposta, Eracle, in un eccesso di ira, provocato da Era, gli fracassò la lira in testa, uccidendolo sul colpo.

Diodoro Siculo, mette in relazione le dodici fatiche di Eracle con il volere divino di Zeus di voler sottoporre a dure prove prima di offrirgli l’immortalità[2]. Infatti, racconta Diodoro che Eracle, durante un viaggio a Delfi, fu avvisato dalla Pizia (sacerdotessa di Apollo che recitava le risposte del dio a color oche erano venuti per interrogare l’oracolo di Delfi) che Zeus, suo padre, aveva ordinato di sottomettersi al cugino Euristeo e compiere le dodici fatiche e che, al loro compimento, avrebbe ricevuto in premio l’immortalità[3].  

Eracle, che considerava Euristeo a lui inferiore, non prese bene la cosa e attraversò un periodo di instabilità mentale e di scatti di ira. In uno di questi scatti, uccise i figli avuti da Megara  e tentò di uccidere suo nipote Iolao che si salvò perché se la diede a gambe. Alla fine, Eracle dovette accettare il volere del padre Zeus, e si presentò alla corte di Euristeo.

Sala d’Ercole – Palazzo dei Normanni – Palermo, sede dell’Assemblea Regionale (Foto di Ignazio Caloggero)

Ecco una breve sintesi delle dodici fatiche di Eracle.

  1. Uccisione dell’invulnerabile leone di Nemea

Nella sua prima impresa Eracle, affrontò e uccise, soffocando a mani nude, un leone che terrorizzava gli abitanti di Nemea che non poteva essere ucciso con le armi, avendo una pelle invulnerabile.

  1. Uccisione dell’idra di Lerna

Nella sua seconda fatica Eracle uccise l’Idra, mostro metà ninfa e metà serpente (secondo alcune versioni della leggenda, metà drago e metà serpente), che aveva nove teste di cui una immortale e che viveva nel territorio dell’Argolide (Peloponneso, Grecia), presso la palude di Lerna. In questa impresa si fece aiutare dal fido Iolao a cui chiese di bruciare le teste mortali di Idra alla radice, man mano che le tagliava, in modo da creare un effetto cauterizzante e bloccare il sangue che usciva, impedendo alle teste di ricrescere. L’ultima testa, quella immortale, fu completamente spappolata da Eracle con un enorme masso.

  1. Cattura del cinghiale d’Erimanto

Un immenso cinghiale che viveva sul monte Erimanto. Eracle lo catturò il cinghiale vivo e lo portò da Euristeo che alla vista del cinghiale, impaurito si nascose dietro un vaso di bronzo.

  1. Cattura della cerva di Cerinea

La Cerva dalle corna d’oro che viveva sul monte Cerinea e che nessuno riusciva a raggiungere, tanta era la sua velocità in corsa. Eracle fu costretto a inseguire la cerva per un intero anno, fino a prenderla per stanchezza.

  1. Sterminio degli uccelli del lago Stinfalo

Nella sua sesta fatica, Eracle sterminò gli uccelli del lago Stinfalo che con i loro artigli e ali di bronzo terrorizzavano gli umani di Stinfalo in Arcadia.

  1. Pulizia delle stalle di Augia

Augia, re degli Epei, da trent’anni non puliva le stalle in cui vivevamo i suoi buoi, oltre tremila, affidò all’incarico di pulirle ad Eracle, che usò uno stratagemma, deviò nelle stalle il corso del fiume Alfeo che pulì, con la forse delle proprie correnti le stalle dal letame. Per questa fatica Eracle ebbe in compenso la decima parte dei buoi.

  1. Cattura del toro di Creta.

Nella settima fatica Eracle catturò il feroce toro che Poseidone aveva inviato per punire Minosse che aveva trascurato di effettuare dei sacrifici in suo onore. Il toro è lo stesso che vedremo nel Mito di Dedalo e Minosse di cui si innamorò Pasifae.

  1. Cattura dei cavalli di Diomede.

Nella ottava fatica Eracle uccise il feroce Diomede che aveva l’amabile cortesia di nutrire i suoi cavalli con la carne degli stranieri che incontrava. Eracle ricambio la cortesia a Diomede facendo sì che fosse divorato dai suoi stessi cavalli. Domati i cavalli, li porto ad Euristeo che li consacrò ad Era[4]. Secondo alcune versioni del mito, Euristeo alla fine preferì lasciarle libere.

  1. Conquista della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni.

Euristeo comando a Eracle di rubare la cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni per donarla alla propria figlia. Eracle affrontò le Amazzoni, e dopo averne ucciso molte, compreso la  regina, prese la cintura per portarla ad Admeta, la figlia del re Euristeo.

  1. Cattura dei buoi di Gerione.

Fra le dodici fatiche è durante la decima che avvennero quasi tutte le avventure che gli sono attribuite nell’Occidente Mediterraneo. Eracle, in questa fatica, doveva conquistare i buoi di Gerione, il gigante dalle tre teste e sei braccia, figlio di Poseidone. Gerione possedeva nell’isola di Erizia, situata nell’estremo Occidente, una mandria di buoi ed Euristeo ordinò a Eracle di andare nell’isola a prelevarli. Per tale fatica Eracle organizzo una grande spedizione e una grossa quantità di soldati, sufficienti per l’impresa, che radunò a Creta, punto di partenza dell’impresa che lo portò in luoghi molto distanti tra di loro, Libia, Egitto, l’Oceano presso Gadeira, dove eresse le famose colonne d’Ercole. In Iberia combatté e vinse tre eserciti guidati dai figli di Crisaoro, e diede in dono, ad un re degli indigeni, che eccelleva per devozione religiosa e senso di giustizia, parte dei suoi buoi. Il re locale, accettando il regalo, decise che da allora venisse sacrificato ad Eracle, il più bel toro della mandria. C’è da chiedersi quale relazione possa essere individuata tra questo sacrificio è quello che ancora oggi vede dei tori “sacrificati” durante le corride spagnole.

Dopo l’Iberia, passo in territorio celtico, nella Gallia, dove fondo la città di Alesia[5], successivamente, scendendo dalle Alpi, attraversò la Liguria, la Toscana, il Lazio, la Campania, dove nei pressi del Vesuvio lottò e vinse i Giganti locali. Dopo la Campania, scese verso il sud, attraverso una strada costiera da lui costruita, la via Eraclea, fino ad arrivare fino in Sicilia per poi risalire l’Italia, attraverso la costa adriatica e ritornare nel Peloponneso[6].

  1. Cattura del cane Cerbero.

Nella undicesima fatica Eracle si recò all’inferno e con il permesso di Ade, dio dell’oltretomba prese con sé Cerbero, il cane a tre teste che stava di guardia all’ingresso, per portarlo da Euristeo che però gli impose di riportarlo all’inferno.

  1. Conquista dei pomi aurei del giardino delle ninfe Esperidi.

Nell’ultima fatica Euristeo ordinò ad Eracle di riportare a Micene tre mele (o pomi) d’oro provenienti dal leggendario Giardino delle Esperidi, in Libia, le tre Ninfe che custodivano il luogo sacro. Le mele d’oro erano custodite dal drago Ladone e dal titano Atlante. Eracle uccise il drago e con un inganno riuscì a “far fesso” Atlante portando via i pomi aurei.

Le fatiche dovevano essere inizialmente dieci ma Euristeo non volle riconoscerne due: la seconda, in relazione alla uccisione dell’Idra, in quando fu aiutato dal fido Iolao e la quinta, in occasione del repulisti delle stalle di Augia, in quanto Eracle aveva ricevuto un compenso. 

Tra una fatica è l’atra Eracle trovava il tempo di compiere altri atti di una certa importanza, come ad esempio, l’uccisione dei Centauri, avvenuta dopo la cattura del cinghiale d’Erimanto, o l’istituzione dei Giochi Olimpici, che avvenne dopo la sua settima fatica, la cattura del toro di Creta[7]. Eracle dedico i giochi al padre Zeus e volle che il premio per i vincitori consistesse solo in una corona di alloro. Eracle stesso partecipò alla prima Olimpiade, vincendo tutte le gare in discipline tutte diverse tra di loro come il pancrazio (lotta corpo a corpo) o lo stadio, il cui nome deriva dal fatto che la gara consisteva in  una corsa veloce dello stadio che misurava seicento piedi (corrispondenti a circa 192 metri).

Eracle, ricevette dei doni divini, (secondo alcune versioni del mito, prima dell’inizio delle dodici fatiche, secondo Diodoro Siculo invece dopo l’uccisione dei Centauri): un mantello da Atena, una clava ed una corazza da Efesto, una spada da Ermes, dei cavalli da Poseidone, e arco e frecce da Apollo. 

Tra le altre avventure avvenute tra una fatica e l’atra va ricordata anche la lotta con i Giganti, conosciuta con il nome di Gigantomachia, che approfondiremo parlando dei Titani e la conquista del Vello d’oro che sarà trattata parlando degli Argonauti.  

A ricordo delle dodici fatiche di Eracle, a Sparta si celebravano le Ergazie, mentre ad Atene le Iolee, istituite in onore suo e di Iolao, compagno delle sue avventure.

Eracle, quando era ancora giovane, fu invitato da Tespi, re di Tespie, ad un sacrificio. Dopo il sacrificio, il re, dopo aver trattenuto Eracle amabilmente, penso di fare di più, gli invio, una ad una,  tutte le cinquanta figlie, che aveva avuto dalle sue numerose mogli. Eracle giacque con tutte e le mise incinte, cosicché diventò padre di cinquanta figli (i Tespidi). Dopo aver compiuto le dodici fatiche, Eracle, su ordine dell’oracolo,  inviò a colonizzare la Sardegna Iolao e i Tespidi, che nel frattempo avevano raggiunto l’età matura[8].

Eracle

Dopo il compimento delle dodici fatiche, Eracle, che in qualche modo imputa alla moglie Megara, la disgrazia avvenuta ai figli decide di cercare una nuova moglie, diede  in sposa la propria moglie a Iolao e corteggiò, senza successo, Iole, figlia di Eurito, re di Ecalia. Da qui iniziano ulteriori avventure raccontate da Diodoro Siculo (Lib. IV 31-38) che lo porteranno alla fine a dove compiere il sacrificio massimo, sul monte Eta, dove su indicazione dell’oracolo, fu costruita, dal fido Iolao e i suoi compagni,  una pira su cui lui stesso salì dando ordine affinché gli venisse portata una torcia per accendere la pira. Nessuno ebbe il coraggio di un gesto simile, alla fine, uno dei presenti di nome Filotette fu persuaso a compiere tale gesto, ricevendo da Eracle, in cambio del suo coraggio, un arco e delle frecce.  Acceso il rogo, la pira fu interamente bruciata. Dopo, quando i compagni di Iolao si avvicinarono per raccogliere le ossa di Eracle, non ne trovarono tracce, capendo che con quel gesto Ercole era salito tra gli dei.

Alla sua morte, Eracle fu accolto tra gli dei dell’Olimpo, dove finalmente fece pace con Era, che divenne la sua madre immortale, e dove sposò Ebe, la dea della giovinezza.

Eracle diventò immortale, grazie alle sue fatiche, al suo valore e soprattutto per la sua capacità di accettare le sofferenze che gli erano state imposte.

Eracle in Sicilia

Nella sua decima fatica, una volta sottratti i buoi a Gerione, Eracle intraprese la via del ritorno che lo portò fino in Sicilia, dove arrivò a nuoto insieme alla sua mandria. Appena arrivato si dovette scontrare con la voracità di Cariddi, figlia della terra e di Poseidone, che rubò alcuni dei buoi sacri di Eracle e li divorò. Il gesto di Cariddi non piacque molto a Zeus, che la colpì con un fulmine facendola precipitare in mare nelle vesti di un mostro che inghiottiva le navi che passavano in quel punto.

Eracle decise di compiere il periplo dell’isola, quindi si diresse verso la regione di Erice ma, giunto nei pressi di Imera, fu accolto dalle ninfe, che fecero scaturire delle fonti di acqua calda, affinché egli si rinfrancasse dalle fatiche del viaggio. Dopo essere stato il primo ospite di quelle che divennero le terme di Termini Imerese, partì per Erice, dove affrontò e vinse in combattimento Erice, il figlio di Afrodite che aveva fondato l’omonima città. Arrivato a Siracusa, prese uno dei tori più belli, lo pose nella fonte di Ciane e lo sacrificò in onore di Persefone, ordinando agli abitanti di compiere annualmente cerimonie e sacrifici in onore di Persefone e Ciane. Dopo Siracusa, Eracle si diresse verso l’interno dell’isola dove dovette affrontare in battaglia un gruppo di indigeni Sicani che gli si opposero. Li vinse uccidendone molti, fra loro, alcuni strateghi importanti che ricevettero, in seguito, dai Sicani gli onori attribuiti agli eroi. Fu anche a Lentini e ad Agira (chiamata Agirio da Diodoro Siculo e Argira da Tommaso Fazello), dove nei pressi della città, i suoi buoi passando per una strada sassosa, lasciarono delle impronte come se la strada fosse stata di cera[9].

Ad Agira Eracle, assieme a Iolao suo fedele compagno d’armi, furono venerati come dei[10]. L’eroe, che fino ad allora non aveva accettato sacrifici in suo onore, “poiché la volontà divina gli suggeriva di essere vicino all’immortalità”, diede il permesso ai festeggiamenti in suo onore[11]. Come segno di riconoscenza verso il popolo di Agira, Eracle costruì un lago di fronte alla città ordinando che fosse chiamato con un nome derivato dal suo, così come diede il proprio nome alle impronte lasciate dai suoi buoi nella strada rocciosa prima citata.

In Sicilia il culto dell’eroe viene messo in relazione con quello di MelKart, ed infatti veniva anche chiamato Ercole Melkarte. Melkart era una divinità fenicia, identificata con il dio Baal dei Cartaginesi e la divinità semitica Moloch, ricordata più volte nel vecchio testamento per i sacrifici umani, soprattutto di bambini, che gli venivano offerti. Per questo motivo, si ipotizza che il sacrificio del toro che Eracle fece a Siracusa in onore di Ciane e Persefone, fosse in origine un sacrificio umano dedicato a Melkart. 

Statuetta di Ercole Mekart (XIII sec. a.C. ritrovata al largo di Sciacca

Nel racconto di Diodoro, però, non si evidenziano relazioni con il Melkart fenicio, anzi si intravede l’ipotesi che Eracle fosse, in effetti, il rappresentante di quella stirpe dorica che, più tardi, avrebbe colonizzato gran parte della Sicilia.

Si potrebbe scorgere nel mito di Eracle, un elemento di origine orientale, nella parte in cui si parla della lotta tra Erice ed Eracle. I Fenici, infatti, erano gli originari signori della terra degli Elimi, e lo stretto rapporto fra elementi Elimi ed elementi Fenicio-Punici farebbe supporre che il dio Melkart (e quindi il Baal punico) fosse venerato nella parte nord-occidentale della Sicilia, in cui era predominante la cultura elima.

È probabile, in ogni caso che, la religione Fenicio-Punica, abbia influenzato, nei luoghi dove era professata, il culto di Eracle.

L’influenza orientale del suo culto sarebbe motivata da alcune analogie che esistono tra Eracle e un’antica figura sumera, Gilgamesh, le cui origini sono antichissime (Si parla di questa figura già nel 2400 a.C., e si pensa che le prime versioni poggino su versioni ancora più antiche). Gilgamesh è accompagnato dall’amico Enkidu, Eracle dal fido Iolao; entrambi hanno a che fare con tori sacri; hanno, a volte, delle instabilità mentali, Eracle con le sue crisi di follia (causate da Era), Gilgamesh assillato dal pensiero della morte. Tutto questo induce a pensare che la genesi del culto di Eracle sia orientale, salvo restando che fu la letteratura greca a diffondere e a caratterizzare maggiormente il suo culto.

Quello che potrebbe essere avvenuto in Sicilia sembrerebbe il tentativo, da parte dei Punici, di riappropriarsi di un mito di cui serbavano un antico ricordo.

Il culto di Eracle fu molto sentito nelle zone occidentali, di influenza elima e fenicia quindi, a Palermo, Mozia, Erice, Entella, Solunto, ma era anche presente in una certa misura, nella zona orientale dell’isola.

Nota: Il sito dell’antica Entella sarebbe stato individuato in località Monte Castellazzo, non lontano da Poggioreale, uno dei centri della Valle del Belice distrutto dal terremoto del 1968.

Monete raffiguranti Eracle segnalano che il culto esisteva nelle città di Gela, Agrigento, Siracusa, Agirio, Imera, Messina, Alunzio, Camarina e Centuripe.

Tetradramma di Camarina

 Ad Agrigento, Messina e Siracusa gli furono anche innalzati dei templi, mentre a Selinunte il culto è confermato da un’iscrizione e da una metopa che rappresenta Eracle alle prese con un toro.

Sono tantissimi i ritrovamenti archeologici che indicano la presenza del culto di Eracle in Sicilia. Al Museo Nazionale Archeologico di Palermo sono conservate gli steli di Poggioreale con dedica ad Eracle, sempre nello stesso museo si trovano, provenienti da Selinunte, alcune metope raffiguranti fatiche di Eracle[12] e la famosa “Grande tavola Selinuntina” dove vengono ringraziati alcuni dei, tra cui Eracle considerato una delle grandi divinità di Selinunte.

Ad Agrigento è famoso il tempio cosiddetto di Eracle che risale al VI sec. a.C., uno dei più antichi della città[13]. L’attribuzione del tempio ad Eracle si desume da un racconto di Cicerone, in cui riferendo del tentativo da parte di Verre di appropriarsi della statua di bronzo di Eracle che sorgeva nel tempio a lui dedicato “non lontano dalla piazza principale”, afferma che, mentre Verre si trovava ad Agrigento, di notte un gruppo di schiavi armati assalì il tempio, dopo aver avuto la meglio sui custodi. Usando dei pali per far leva e delle corde, cercarono di rimuovere la statua ma, richiamata dalle urla dei custodi, intervenne l’intera popolazione che mise in fuga gli assalitori i quali comunque, riuscirono ad appropriarsi di due piccole statue[14].

Sempre lo stesso Cicerone narra che Verre portò via da una cappella privata di un ricco signore di Messina una statua di bronzo raffigurante Eracle, attribuita allo statuario del V sec. a.C. Mirone di Eleutene (Beozia)[15].

Tempio di Ercole – Valle dei Templi – Agrigento (Foto di Ignazio Caloggero)

A Piazza Armerina, uno dei mosaici della villa tardoantica del Casale raffigura le fatiche di Ercole ed un altro, rappresentante una corsa circense, riproduce tre Santuari uno dei quali sarebbe identificato con quello di Eracle che doveva effettivamente trovarsi nelle vicinanze.

Giganti uccisi da Ercole – Villa Romana del Casale (Foto di Ignazio Caloggero)

Al museo Regionale di Siracusa è conservata una testa raffigurante Eracle del II sec. a.C. proveniente da Centuripe.

Una scultura rappresentante l’eroe e proveniente dal porto di Catania si trova al Museo del Castello Ursino, a Catania.

Una testa di Eracle ellenistica si trova al Museo Mandralisca di Cefalù ad indicare che anche in questa località doveva essere conosciuto tale culto.

Tracce del culto di Eracle sono presenti anche ad Imera dove, nel cosiddetto tempio B, sono stati trovati frammenti di altorilievi con scene delle fatiche di Eracle.

 Sincretismo religioso

Con l’avvento del Cristianesimo, il fenomeno sincretico che faceva affluire nei culti dei santi, i residui del mondo pagano, riguardò anche il culto di Eracle. A Messina, con il sopraggiungere del Cristianesimo, si sarebbe sovrapposto al culto di Eracle quello di San Giovanni Battista; si ritiene, infatti, che un’antica statua raffigurante Eracle che porta, sulle spalle, una pelle di leone, fosse stata adattata al culto di S. Giovanni Battista.

Il Mito nel Registro LIM della Regione Sicilia

La Regione Sicilia ha inserito il Mito di Ercole nel registro LIM (Luoghi dell’identità e della Memoria) – Luoghi degli dei e divinità minori.

Luoghi indicati nella LIM:

  • Erice (prov. Trapani)
  • Fonti di Acqua Calda di Imera (Termini Imerese-prov. Palermo)
  • Fonti di Acqua Calda di Segesta (Calatafimi-prov. Trapani)
  • Case del biviere (Lentini-prov. Siracusa)
  • Scilla e Cariddi (Stretto di Messina)

Per visualizzare i luoghi del Mito su Mappa Interattiva si veda la seguente pagina web: I luoghi di Ercole

Estratto dal Libro Miti dell’Antica Sicilia”   di Ignazio Caloggero ISBN:9788832060157 © 2022 Centro Studi Helios srl

[1] Diodoro Siculo lib IV

[2] In molte religioni le fatiche, intese anche come sofferenze, sono viste come elementi di un percorso spirituale che porta alla salvezza spirituale

[3] Diodoro Siculo lib IV. 10

[4] Diodoro Siculo, Lib. IV. 15

[5] (Alise-Sainte-Reine, situata nel dipartimento della Côte-d’Or nella regione della Borgogna-Franca Contea)

[6] Diodoro Siculo. Lib. IV.17-25

[7] Diodoro Siculo. Lib. IV.14

[8] Diodoro Siculo. Lib. IV.29

[9] Diodoro Siculo lib IV.24

[10] Tommaso Fazello: Le due deche dell’Historia di Sicilia – Prima Deca – Libro decimo

[11] Diodoro Siculo lib IV.24

[12] Vincenzo Tusa ed Ernesto De Miro: Sicilia Occidentale p. 32

[13] Vincenzo Tusa ed Ernesto De Miro: Sicilia Occidentale p. 150

[14] Cicerone, II.IV.94

[15] Cicerone, II.IV.5

Per visualizzare i luoghi del Mito su Mappa Interattiva si veda la seguente pagina web: I luoghi di Ercole

Estratto dal Libro Miti dell’Antica Sicilia”   di Ignazio Caloggero ISBN:9788832060157 © 2022 Centro Studi Helios srl

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