Cibele
Pagina di riferimento: Repertorio dei Culti e dei Miti
Origini del Mito
In origine, la divinità era adorata dalle popolazioni dell’Asia Minore, nella Frigia. Conosciuta con il nome di “Grande Madre” ed anche “Madre dei monti“, il suo culto fu in seguito adottato dagli Elleni, che giunsero nell’Asia Minore, diffondendosi poi, velocemente, in tutta la Grecia.
Cibele fu particolarmente venerata sul monte Ida (l’attuale Kaz Dag in Turchia), per questo assunse anche il nome di “Madre Idea“.
In origine fu considerata una divinità dei monti, visti gli appellativi che le furono attribuiti.
Placca di Cibele (Afghanistan, Aï Khanoum, Santuario del tempio a celle (III sec. a.C.)
Una certa relazione doveva esistere con un’antica divinità cretese chiamata “Signora delle belve“, raffigurata in cima ad un monte ed affiancata da due leoni. Infatti, una statua di Cibele del II sec. raffigurante la dea seduta su un trono, con la testa coronata da torri e con ai lati del trono due leoni, è conservata al Museo archeologico nazionale di Napoli.
Le torri di mura, che spesso coronavano la testa di Cibele, rilevano che la dea era vista anche come divinità errante e fondatrice, di città e castelli.
Le caratteristiche principali di Cibele erano quelle di madre universale, dea della terra, protettrice dell’agricoltura e della vegetazione; queste caratteristiche fecero sì che il culto di Cibele si confondesse con quello di Rea, di Gea, di Demetra e, in qualche modo, anche con quello dell’egiziana Iside. Anche Iside è vista come madre degli dei, e con queste qualità pur essendo una dea egiziana, il suo culto si diffuse nel mondo greco-romano, dove fu spesso comparata a Demetra. Fu attorno ad Iside che si formò, per quanto riguarda le divinità femminili, verso il II sec. d.C., il sincretismo religioso
Il culto che i sacerdoti dedicavano a Cibele era definito dai Greci, orgiastico, era cruento, associato a musica strepitosa e spesso accompagnato da volontarie lesioni ed auto evirazioni. L’ellenizzazione del culto, così come avvenne per quello di Baal e Tanit, portò ad un’epurazione delle manifestazioni più selvagge. Forme particolarmente cruenti continuarono a sopravvivere all’interno delle cerimonie misteriche che riguardavano la dea. I sacerdoti di Cibele erano degli eunuchi ed il rito di iniziazione cui dovevano sottostare per entrare al servizio della dea consisteva nella autoevirazione, che compivano in preda all’estasi delirante [John Ferguson: Le religioni dell’Impero Romano p. 16].
Il Mito in Sicilia
Del culto di Cibele in Sicilia parla Cicerone (Verrine IV.97). Egli racconta che Scipione regalò corazze ed elmi di bronzo al tempio della Grande Madre ad Engio, dopo avervi fatto incidere il proprio nome. È probabile che ad Engio fossero venerate anche altre dee, spesso collegate al culto di Cibele. Ne parla anche Diodoro Siculo (lib. IV.79) a proposito di un tempio “alle Madri” edificato dai Cretesi sbarcati in Sicilia dopo la disfatta di Troia. La località di Engio non è stata localizzata con certezza, si vuole pensare all’attuale Nicosia
Tracce del culto di questa dea sono rinvenibili a Piazza Armerina, nella villa del Casale, dove, in un mosaico raffigurante una corsa circense, è ritratta la statua di Cibele.
Ad Akray si trovano i cosiddetti santoni, una serie di sculture rupestri allineate lungo una parete rocciosa: quasi tutti i 12 rilievi rappresentano scene in cui compare la dea Cibele in varie posizioni.
A Siracusa esiste una zona simile a quella dei santoni di Akray. In località Fusco, non lontano dal cimitero militare britannico, su una parete rocciosa, esiste un rilievo in cui è rappresentata Cibele su un trono con accanto gli immancabili leoni. Inoltre, una scultura greca rappresentante sempre Cibele sul trono tra due leoni, situata questa volta all’interno di un’edicola, è conservata nel museo Archeologico Regionale di Siracusa.
Sincretismo religioso
L’avvento della religione cristiana fece sì, che, nel contesto sincretico delle “grandi madri”, il culto della Madonna assorbisse, in parte, alcune delle caratteristiche di Cibele. Un esempio era la festa dell’Assunta a Messina, il 15 agosto, dove due grandissime statue, chiamate il Gigante e la Gigantessa, venivano portate in processione dalla popolazione. Alcuni scrittori del passato hanno chiamato queste statue Cam e Rea, altri Saturno e Cibele, oppure Zancle e Rea ed anche Grifone e Mata. Quest’ultimo nome è stato, a volte, tramutato in Madre, forse per errore o forse perché sia Rea che Cibele erano effettivamente viste come madri; infatti, Cam e Rea venivano considerati dalla popolazione come progenitori. Il Gigante e la Gigantessa erano vestiti da guerrieri, entrambi a cavallo, la Gigantessa aveva sulla testa una corona turrita simile a quella con cui era spesso raffigurata Cibele [Giuseppe Pitrè: Feste Patronali in Sicilia p. 149].
Mata e Grifone
Il Mito nel Registro LIM della Regione Sicilia
I Luoghi del mito di Cibele sono stati inseriti nella Carta regionale dei luoghi e dell’identità e della Memoria (I Luoghi del mito e delle Leggende).
Luoghi indicati nel registro LIM della Regione Sicilia (Luoghi dell’Identità e della Memoria):
- Santoni di Akrai (Palazzolo Acreide)
Estratto dal Libro ” Culti dell’Antica Sicilia” di Ignazio Caloggero ISBN: 9788832060102 © 2022 Centro Studi Helios srl