Riparo del Castello
Il riparo, un semplice aggetto della parete rocciosa, venne alla luce sbancando il tracciato della “serpentina”, la strada che dal Castello conduce al porto. Il deposito si rivelò una “stazione officina” per il numero inconsueto di utensili litici e schegge di lavorazione. Numerosi scavi di eruditi locali hanno smantellato gran parte dell’antico deposito disperdendone la maggior parte dei reperti. Nel 1925 il Direttore del Museo Nazionale, Ettore Gabrici, aderendo alla richiesta locale per chiarire una serie di dubbi, compì un grande “scavo stratigrafico” precisando “Precedevasi per tagli orizzontali asportando straterelli quasi sempre di 20 centimetri per quasi tutta l’ampiezza del cavo”. Le conclusioni non furono diverse dalle precedenti, la differenza sta che il copioso materiale non andò disperso: è custodito, inedito, nel Museo Archelogico “A. Salinas”. L’ultimo scavo nel riparo risale al 1998, fu diretto da Sebastiano Tusa, ed anche questo è inedito. Il deposito all’atto della scoperta non doveva essere intatto. Dai reperti dello scavo Gabrici si può ricostruire: uno strato superficiale sconvolto di circa cm 50 con ceramica del Neolitico medio (tricromia) ed
uno sottostante, da non superare cm 150, contenente faune ed industrie del Paleolitico superiore. Giorgio La Place che studiò una parte dei reperti dello scavo Gabrici, colloca l’industria del Castello al tardogravettiano finale siciliano. Egli lavorò su materiali di una cernita fatta probabilmente durante lo scavo a Termini Imerese. La massa dei reperti fu posta in cassette lignee ciascuna del peso di circa 25 kg. e così trasportate a Palermo; nel 1966 dopo quarantun anni furono aperte dal sottoscritto.
Il Riparo raggiunse una notorietà inimmaginabile, varcò i confine nazionali, per le esternazioni di Giuseppe Patiri che sostenne per circa tre lustri, fino alla morte, che una parte dell’industria e delle schegge di lavorazione del Castello rappresentassero “gioielli preistorici di età Paleolitica”. In
questa tesi fu sostenuto dal paletnologo G. Schwenfurth di Berlino. (Fonte testo: Giovanni Mannino: Guida alla Preistoria del Palermitano – Elenco dei siti preistorici della provincia di Palermo – istituto Siciliani Studi Politici ed Economici) (Fonte testo: Giovanni Mannino: Guida alla Preistoria del Palermitano – Elenco dei siti preistorici della provincia di Palermo – istituto Siciliani Studi Politici ed Economici)
Bibliografia e documenti di approfondimento:
100) PRIMA SICILIA – ALLE ORIGINI DELLA SOCIETA’ SICILIANA – volume primo a cura di Sebastiano Tusa Palermo 1997.
198) D. Petruso – V. Forgia – L. Sineo : Il popolamento umano della Sicilia: una revisione interdisciplinare in Archivio per l’Antropologia e la Etnologia – Vol. CXLIV (2014) Scarica file: SINEO et al
201) Ignazio Messana: Quando gli elefanti vivevano in Sicilia. Flag – Golfi di Castellammare e Carini – 2019
Ignazio Caloggero:
Storia di Sicilia – 1.2. Paleolitico e mesolitico:
Storia di Sicilia – 1.2.1: I sentimenti religiosi e le sepolture nel paleolitico e nel mesolitico
Storia di Sicilia – 1.2.2: L’Arte nel Paleolitico e nel Mesolito
Storia di Sicilia – 1.2.3: Siti archeologici del Paleolitico e del Mesolitico siciliani
Approfondimenti:
Ignazio Caloggero:
Neolitico e nascita dell’Agricoltura in Sicilia
Religiosità e Sepolture nel Periodo Neolitico
Inserimento scheda: Ignazio Caloggero
Foto:
Contributi informativi: Ignazio Caloggero Web
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