Ricotta iblea
Descrizione

Ricotta iblea

Prodotto inserito nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT)

Tipologia PAT : Formaggi e Ricotte

Area di Produzione: Provincia di Ragusa

Curiosità Storiche:

ricottaro

Di origini antichissime, la ricotta veniva definita il formaggio dei poveri, perché sopperiva al fabbisogno nutrizionale delle classi meno abbienti, fornendo un alimento nutriente e di basso costo. Di recente (giugno 2012), è la notizia pubblicata in copertina sull’autorevole rivista scientifica “Nature”: i pastori africani usavano e trasformavano il latte già nel 5.200 a.C. In Africa, dunque, fin dall’era neolitica si conoscevano le pratiche per produrre formaggi, yogurt e burro. La scoperta è stata fatta recentemente nel deserto del Sahara da un gruppo di studiosi della Sapienza di Roma, in collaborazione con l’università di Bristol. La missione archeologica ha identificato le più antiche tracce di trasformazione del latte nei frammenti di vaso del sito neolitico di Takarkori in Libia. La ricotta sembra essere  stato un alimento diffuso nell’alimentazione degli Egizi e dei  sumeri.

La ricotta deve il suo nome al latino “recocta”: cotta due volte. Dopo aver fatto il formaggio, il siero che se ne ricava viene scaldato una seconda volta, così che le albumine (proteine del siero) affiorano alla superficie e formano uno strato soffice e bianco che viene delicatamente asportato e messo in piccole forme a sgocciolare. Ricca di proteine e povera di grassi, la Ricotta ha una grande versatilità: la si può utilizzare per condire primi piatti, come alternativa al secondo piatto, in abbinamento ad altri ingredienti o per eccezionali dolci.

caurara

La ricotta, pur essendo un prodotto caseario, non si può definire formaggio ma va classificato semplicemente come latticino: non viene ottenuta infatti attraverso la coagulazione della caseina del latte, ma attraverso quella delle proteine del siero di latte, cioè della parte liquida del latte che si separa dalla cagliata durante la caseificazione. Il siero di latte della specie prescelta (vacca, pecora, capra) viene addizionato di sale e di latte della stessa specie, quindi riscaldato a circa 90°C fino a quando non avviene l’affioramento della ricotta. Una volta affiorata si elimina la schiuma in superficie e si raccoglie la ricotta nelle fiscelle che verranno poste in un tavolo inclinato contenente dell’acqua fredda. La salatura è prodotta dal sale aggiunto durante la lavorazione.

Caurara in rame

La ricotta Iblea è un latticino prodotto nella provincia di Ragusa, derivato da siero di latte vaccino. La storia della ricotta iblea è ampiamente illustrata dallo storico Antonio Uccello. L’autore cita “La descrizione della città e del territorio di Noto” del 1813 dove si fa riferimento ad una fiorente produzione non solo di caciocavalli ma anche di ricotta fresca e salata. Uccello descrive minuziosamente la lavorazione della ricotta e gli utensili tradizionali utilizzati. 

caurara

Una leggenda narra che gli abitanti di Ragusa, durante un assedio da parte dei Mussulmani (Ragusa fu conquistata da loro nel 852), vinti dalla fame, ostentassero al nemico un’abbondanza di viveri, gettando dalle mura una grande quantità di ricotta ottenuta col latte delle donne, affinché i musulmani, convinti dell’impossibilità di prendere il castello per fame, togliessero l’assedio.

Procedimento per la preparazione della ricotta vaccina secondo la tradizione ragusana *

Processo di coagulazione del latte

Il latte appena munto viene versato nella tina e viene aggiunto il caglio (quagghiu), miscela di enzimi di provenienza animale e precisamente dall’abomaso (l’ultima cavità delle quattro di cui è composto lo stomaco dei ruminanti ) di vitelli, agnelli o capretti lattanti). Si mescola e si lascia a riposo per circa un’ora. Durante questo tempo una parte delle proteine del latte coagula per effetto del caglio. Il risultato sarà una massa omogenea della consistenza di un budino, detta cagliata (quagghiata). La cagliata viene “rotta” agitandola vigorosamente con la rotula (ruotila), bastone di legno con l’estremità a forma di semi-sfera. Viene aggiunta acqua bollente (circa il 20%) e si lascia a riposo per qualche minuto. Avviene così la separazione tra la parte coagulata (tuma) che va a fondo, e il siero di latte (lacciata). La tuma viene posta nella “mastredda” e servirà per fare il formaggio.

vascedde di plastica

    Preparazione della ricotta

Il siero di latte (lacciata) ottenuto dopo la “rottura della cagliata, viene versato nella caldaia (caurara), pentolone di rame stagnato all’interno e viene aggiunto circa 1% di sale marino. Fino a non molto tempo fa la caldaia era tenuta sospesa su due muretti (fucularu) tramite un robusto legno inserito nelle grosse maniglie e come combustibile venivano utilizzate varie piante infestanti dell’altopiano ibleo, diligentemente raccolte durante il periodo estivo (saittuna, mùfini, maccarruna), che conferivano alla ricotta un particolare gusto di affumicato.

Si riscalda fino ad una temperatura di circa 50/60°C e viene aggiunto  latte fresco in ragione di circa il 10% della “lacciata”. Durante la fase di cottura bisogna rimescolare per evitare il bruciato (accarpatu), utilizzando il “minaturi”, una canna all’estremità della quale vengono inserite alcune foglie secche di palma nana, tipica esponente della flora mediterranea.

scodella

Di tanto in tanto viene versato nella caldaia “u rrufriscu“(“lacciata” che proviene dallo spurgo della tuma all’interno della “mastredda”).

Alla temperatura di circa 85°C comincerà a formarsi la ricotta (coagulazione delle proteine del latte non sottoposte all’azione del caglio).

Protrarre la cottura, rimescolando continuamente tenendo il “minaturi” appoggiato al bordo della “caurara” per evitare di rovinare la ricotta che man mano si forma in superficie, fino a circa 90°C quando “vota u circu” (leggero distacco della massa della ricotta dal bordo della caldaia a forma di semicerchio).

Togliere delicatamente il “minaturi” e con l’utilizzo di un particolare cucchiaio di rame di forma allungata (cazza), dopo aver rimosso la schiuma dalla superficie –molto appetita dai gatti della masseria, specialmente in inverno- si raccoglie la ricotta per metterla nelle “cavagne” (contenitori affusolati fabbricati con listarelle di canna) ognuna delle quali può contenere circa 250g. di ricotta.

Una schiumarola viene utilizzata invece per mettere la ricotta nelle “vascedde” di plastica da 500 o 1000 g. di ricotta. Per il consumo della ricotta calda vengono utilizzati tipici tazzoni di terracotta (“scuteddi“) adagiando sulla ricotta stessa pane di casa a fette che peraltro facilita la rimozione del siero in eccesso, accompagnando la pietanza con del buon vino siciliano rosso, secondo quanto dettato dal proverbio ragusano “ricotta o meli: vivici beni” (ricotta o miele: bevi bene; intendendo con ciò un buon vino).

(* Si ringrazia per il documento l’amico Angelo Migliorisi)

 

Scheda tecnica del prodotto agroalimentare tradizionale (P.A.T)

Attrezzature storiche: Caldaia di rame stagnato “quarara”, bastone di canna “minaturi” con un terminale di materiale vegetale essicato “scupata” per la pulizia della “quarara”, raccoglitore in rame stagnato “cazza”, cucchiaio in legno “scumaricotta”, contenitore di varie dimensioni “iaruozzi”, contenitore di canna “cavagna”, fiscelle, mestolo, tavolo spersore, scopa di materiale vegetale essiccato “scuparino”.

Fuoco diretto legna-gas.

Brevi cenni storici: La storia della ricotta iblea è ampiamente illustrata dallo storico Antonio Uccello. L’autore cita “La descrizione della città e del territorio di Noto” del 1813, dove si fa riferimento ad una fiorente produzione non solo di caciocavalli ma anche di ricotta fresca e salata. Uccello descrive minuziosamente la lavorazione della ricotta e gli utensili tradizionali utilizzati.

Tipologia: Prodotto fresco.

 

Area di produzione: Provincia di Ragusa.

Linee principali tecnologia di produzione:

03  specie/razza: Vacca;

03  materia prima: Siero di latte vaccino;

03  microflora: Naturale;

03 Il siero di latte viene addizionato di sale e di latte di vacca, quindi riscaldato a circa 90° C fino a quando non avviene l’affioramento della ricotta. Una volta affiorata si elimina la schiuma in superficie e si raccoglie la ricotta nelle fiscelle che verranno poste in un tavolo inclinato contenente dell’acqua fredda.  Si è rilevato, in alcuni casi, che qualche casaro utilizza inoltre la scotta del giorno prima messa ad acidificare.

03  salatura: Sale aggiunto durante la lavorazione.

Caratteristiche del prodotto: Prodotto cremoso, di colore bianco avorio, ha una forma tronco conica dovuta alla fiscella nella quale è contenuto. Il sapore è dolce, l’odore è di siero.

Riferimenti storici:

03 Filippo Garofalo: “Discorsi sopra l’antica e moderna Ragusa”, (Palermo – Stabilimento tipografico di Francesco Lao), 1856.

03   Uccello Antonino: “Bovari, pecorari, curatuli”. Cultura casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.

03 Istituto Nazionale Sociologia Rurale: “Atlante dei prodotti tipici”:I formaggi”, Franco Angeli, Milano,  1990.

03 Vizzardi-Maffeis “Formaggi italiani”, Edizioni Agricole, Bologna, 1990.

03   CNR: “I prodotti caseari del Mezzogiorno”, 1992.

03 Progetto Ibleo “indagine conoscitiva sulla tecnologia di trasformazione casearia del formaggio Ragusano”, Ragusa, 1997.

Fonte Schede Pat: Regione Sicilia 

Inserimento scheda: Ignazio Caloggero

Contributi informativi:  Web, Regione Sicilia

Nota: Il popolamento delle schede della Banca dati Heritage, procede per fasi incrementali: catalogazione, georeferenziazione, inserimento informazioni e immagini. Il bene culturale in oggetto è stato catalogato, ed inserite le prime informazioni. Al fine di arricchirne i contenuti informativi sono graditi ulteriori contributi, se lo desiderate potete contribuire attraverso la nostra area “I Vostri Contributi

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