Monte Pellegrino - Addaura: Grotta delle Incisioni
Descrizione

Monte Pellegrino – Addaura: Grotta delle Incisioni 

Estratto dal libro Sicilia Svelata. Vol. 1: Prima dei Greci di Ignazio Caloggero 

Grotta dell’Addaura

L’arte parietale tra le più antiche scoperte in Sicilia sarebbe, al momento, quella della Grotta dell’Addaura II (o Grotta delle Incisioni) dove è presente un esempio, considerato eccezionale, di scena, in cui una decina di personaggi maschili circondano due uomini, oltre alle figure umane sono presenti delle figure di animali. Le figure dell’Addaura compongono una scena complessa e affascinante che ha dato spunto a diverse interpretazioni (alcune abbastanza fantasiose) che vale la pena approfondire dopo che avrò accennato a come è avvenuta la scoperta, di questa importantissima testimonianza del Paleolitico superiore siciliano.  Alcuni degli oggetti trovati in questa grotta, così come quelli prelevati dalla grotta dei Genovesi, si trovano attualmente al museo regionale di Palermo. La datazione delle opere parietali dell’Addaura è fatta risalire a circa 12.000 anni fa[1]

 

Le incisioni dell’Addaura replicate al Museo archeologico regionale Antonio Salinas[2]

 Il contesto delle grotte dell’Addaura

La grotta delle incisioni o Addaura fa parte di un complesso di grotte naturali poste nella parte nord-orientale di Monte Pellegrino a sud-ovest della spiaggia di Mondello. Un primo gruppo comprende l’Addaura Grande detta anche Perciata, per il vasto foro nella volta detto Zubbio della Perciata o Abisso Costa Finocchiaro di circa 130 metri di profondità[3]. Un secondo gruppo più in basso è costituito da tre grotte vicine tra di loro:

  • Grotta Caprara (Addaura Caprara)
  • Grotta dell’Antro Nero o dei bovidi
  • Grotta delle Incisioni (detta anche dell’Eremita o Addaura II)[4]

In queste grotte sono state ritrovate ossa e strumenti utilizzati per la caccia che attestano la presenza dell’uomo, che le ha abitate, a partire dal Paleolitico. Le grotte furono scavate dai paleontologi, già verso la fine dell’Ottocento ed in esse furono trovati i resti dell’elefante nano vissuto in Sicilia tra 500 mila e 120 mila anni fa. Altri scavi si susseguirono negli anni successivi, gli ultimi scavi furono condotti nel 1946-47 a cura del soprintendente Bovio Marconi che li eseguì con la collaborazione del prof. Luigi Bernabò Brea[5]. Durante gli scavi del 1946-47 furono trovati resti di un certo interesse archeologico ma non i graffiti che invece sembrerebbero essere stati scoperti cinque anni dopo in modo apparentemente casuale. Dopo lo sbarco in Sicilia degli alleati, le grotte furono destinate a deposito di munizioni ed esplosivi. Come ricorda Filippi Antonino, citando le notizie fornite dalla Bovio Marconi nel 1953, uno scoppio accidentale dell’arsenale provocò il danneggiamento delle pareti della grotta principale, situazione che avrebbe fatto staccare, soltanto in seguito, le concrezioni che ricoprivano le incisioni, rendendole visibili[6].

La “scoperta”

Gli scavi del 1946-47 non hanno permesso la scoperta dei graffiti, forse perché allora ancora non visibili. Dovevano essere però visibili quando li scopri, almeno così sembra, Giovanni Cusumano un operaio palermitano di Palermo, alla ricerca di tesori nascosti (truvature). A proposito di truvature, più avanti avrò modo di raccontarvi qualcosa sulle truvature e sui sacrifici edilizi, per adesso rimaniamo sul tema.

Cusumano probabilmente non fu in grado di capire l’importanza della sua scoperta, lui cercava tesori “mica scarabocchi sui muri”, il riconoscimento dei graffiti come stupenda testimonianza artistica della preistoria si ebbe grazie al fortunato incontro del Cusumano con Giosuè Meli, assistente della Soprintendenza alle Antichità per le province di Palermo e Trapani e del suo amico Giuseppe Saccone medico odontoiatra.

Giovanni Mannino, nel raccontare la scoperta dei graffiti dell’Addaura, fa intendere che probabilmente qualcosa non è andata per il verso giusto durante le ricerche archeologiche del 1946-1947.

“le vicende narrate intorno alla scoperta non rispecchiano esattamente i fatti vissuti per giustificare che essa non avvenne in concomitanza degli scavi svoltisi nelle stesse grotte negli anni 1946-47”[7]

Non è chiaro se il Mannino allude a inefficienze o anomalie che hanno impedito la scoperta dei graffiti durante gli scavi del 1946-47. Un elemento di riflessione che lascia pensare che qualcosa forse sia andato diversamente è che i graffiti non riguardano una sola parte (quella più famosa) ma praticamente quasi tutte le pareti, compreso alcune raffigurazioni zoomorfe sulla parete di fondo della grotta ed altre figure antropomorfe e zoomorfe in altre parti della grotta. 

Ecco come racconta la scoperta Mannino anche se ammette che non ricorda le date esatte[8]

“Siamo nell’anno 1952, Giovanni Cusimano è già di buonora nella Grotta Addaura Caprara, seduto su un masso osserva u pirtusu du sciusciu, il buco del soffio (Mannino 1985). Il pietrame accatastato all’ingresso, che quasi cela un passaggio, è motivo per alimentare l’idea della trovatura che da anni ricerca, senza successo ma con rinnovate speranze, come aveva fatto suo padre fino a qualche anno prima. Il grande riparo dell’Addaura Crapara raccoglie le voci lontane dei giovani dell’Istituto Roosevelt nell’ex cantiere navale presso il mare, tutto ad un tratto risuonano i passi, amplificati dal pietrisco calpestato, di Giosuè Meli e Giuseppe Saccone che salgono verso la grotta. I tre uomini s’incontrano, si salutano com’è uso in campagna. I due amici tacciono di essere lì per rivedere i luoghi degli scavi archeologici svolti qualche anno prima. È opportuno che ricordi che il Meli aveva seguito gli scavi nella Grotta del Genovese e la documentazione delle incisioni e delle pitture da parte dell’Istituto fiorentino, scoperta che mise in forse la radicata convinzione che i cavernicoli italiani non lasciassero alcun segno sulle pareti delle grotte come i contemporanei dell’Iberia e della Francia[9]. I tre dopo il saluto si scambiarono qualche parola: il Meli ed il Saccone finsero un generico interesse naturalistico, mentre il Cusimano, con l’ingenuità dell’incolto, si dichiarava “cercatore di tesori e conoscitore di ogni pietra del Monte Pellegrino”. Nelle mie ricerche speleoarcheologiche ho preferito spacciarmi per geologo. In qualche “incontro”, per accreditarmi all’interlocutore, ho dovuto caricare il mio sacco di pietre. Giosuè Meli, ricordando i graffiti di Levanzo, ebbe l’intuizione di chiedere al Cusimano: “Lei nelle sue ricerche ha mai visto in qualche grotta disegni di animali e pupazzi?” “Si, qui vicino!” fu la risposta. I due amici, increduli, invitarono il ricercatore a mostrarglieli e questo compiaciuto aggiunse “Andiamo”. Abbandonarono il vasto riparo dell’Addaura Caprara, poi l’antro Nero, che la Bovio-Marconi chiamerà grotticina “B” dopo la scoperta di due figure graffite di bovidi, e percorso quasi un centinaio di metri raggiunsero la prima grotticina dell’Addaura III. Questa ha l’ingresso molto ampio, l’interno ha l’ampiezza di una stanza perfettamente illuminata. Il Cusimano, scavalcando le macerie di un muro dirupo, entrò dentro ed avvicinandosi alla parete sinistra vi puntò la mano. “Sulla parete molto liscia – parla ora Meli – vidi diverse figure umane molto strane, alte quasi un palmo e dal suolo circa tre metri. Ebbi subito la sensazione che potessero avere un grande interesse ma non lo manifestai al Cusimano, non conoscendolo, dovendo lasciare quelle figure senza alcuna protezione. Il Saccone capì dalle mie furtive occhiate e lasciò cadere nel nulla anche lui la preziosa segnalazione. L’incontro col Cusimano ebbe termine con i nostri auguri per il suo tesoro”. Un’ora dopo il Soprintendente Jole Bovio Marconi era informato.”

Le diverse interpretazione dei graffiti

I graffiti dell’Addaura rappresentano una scena, in cui un gruppo di figure umane che sembrano dei danzatori, circondano due uomini, con la schiena inarcata all’indietro e con i genitali in erezione (itifallia). La scena, inoltre, oltre alle figure umane, presenta delle figure di animali, due bovidi.  

La scena, per la sua complessità e particolarità dei disegni, ha dato spunto, negli anni a diverse interpretazioni, molte approfondite e messe in correlazioni tra di loro da interessanti studi tra cui quelli di Antonino Filippi[10] e G. Bolzoni[11]. Rimandando, per uno studio approfondito alla lettura degli studi effettuati con particolare riguardo a quelli di Filippi e Bolzoni, ecco in estrema sintesi le diverse interpretazioni fornite dai vari studiosi, partendo dalla prima interpretazione, quella di Bovio Marconi che ha costituito lo spunto di partenza a tutte le successive interpretazioni. 


Scena dei danzatori. Lucido di G. Mannino (Fig. 1 Grotta Addaura)[12]

Riti della fecondità

La soprintendente Bovio Marconi[13], che fu la prima a studiare i graffiti, ritenne che i due soggetti con i peni eretti avessero un vago atteggiamento omossessuale e che la scena composta da danzatori e acrobazie condotte dalle figure al centro, rappresentasse un rito di iniziazione o magico, connesso ai riti della fecondità. Sulla tesi di Bovio concordò Paolo Graziosi[14] che ipotizzo la presenza di un astuccio fallico e che quindi non c’erano evidenze di itifallia. Essendo il Graziosi uno dei massimi studiosi di storia dell’arte preistorica, la sua posizione fu presa in seria considerazione creando, per certi aspetti, una sorta di timore reverenziale verso chi la pensava diversamente, almeno in quel periodo.  Tra gli studiosi concordi con la tesi del rituale ginnico della Bovio Maroni va annoverato anche Franco Mezzena[15] che ipotizza una scena vista dall’alto in cui i due personaggi al centro erano stati ripresi nel momento in cui venivano lanciati in alto dai personaggi in alto con le braccia alzate nella scena e che i due personaggi in basso avevano il compito di prendere i due acrobati prima che cadessero a terra. La visione dall’alto è probabilmente un aspetto di notevole importanza, può essere vista come la capacità di una visione prospettica della scena, bisogna infatti aspettare la prima metà del Quattrocento per il primo reale impiego della prospettiva in campo artistico ad opera del Brunelleschi. 

Sacrificio rituale (l’incaprettamento)

Carlo Alberto Blanc[16] non era d’accordo con la Marconi ipotizzando invece che la scena rappresentasse un sacrificio umano a scopo rituale. Secondo Blanc i due personaggi circondati avevano quella posizione innaturale a causa di una corda che partiva da capo e arrivava alla caviglia e il fenomeno dell’erezione poteva essere legato agli effetti collaterali dello strangolamento delle due vittime (una sorta di forma di antico  incaprettamento che purtroppo, molti millenni dopo hanno avuto modo di sperimentare molte vittime della mafia che hanno subito una morte orrenda dopo che sono state legate le loro caviglie e braccia dietro le spalle con una corda che passa attorno al collo causando lo strangolamento).  Su questa tesi concorda V. Chiappella[17] , quest’ultima addirittura ritiene di individuare in uno dei personaggi al centro il segno dell’asfissia per strangolamento, la lingua fuoriuscita dalla bocca.  Anche altri autori tra cui Fernad Benoit[18] (1955), Fabio Martini[19] e G. Bolzoni[20] (1985), concordano sulla tesi di sacrificio rituale. Quest’ultimo ritiene di individuare, nella rappresentazione della scena, due momenti rituali, l’uccisione rituale ed il successivo trasporto dei cadaveri, individuando in alcune figure, persone che trasportavano i due cadaveri. Personalmente questa è l’interpretazione in cui mi ritrovo maggiormente anche in relazione al fatto che di sacrifici umani si parla sin dal paleolitico come avrò modo di raccontare più avanti (vedi il capitolo sui sacrifici umani).

Rituale religioso

Sebastiano Tusa[21] vede nella scena, a seguito della presenza di figure con maschere con il becco di uccello, una rappresentazione a carattere religioso in quanto le figure mimerebbero i rapaci delle rupi in qualche modo rispettati e venerati dai cacciatori paleolitici.

Più avanti, a proposito della Dea Madre vedremo come uno dei suoi aspetti sia proprio quello di essere vista come Dea Uccello a cui sono legati i ritrovamenti della Grotta delle Stufe di S. Calogero (Agrigento) e Piano Vento (Agrigento). Un collegamento con la Dea Uccello potrebbe essere visto anche con le figure umane con la testa di uccello della Grotta dei Genovesi. Proprio l’idoletto in pietra verde (Giadeite) con testa di uccello trovato nella Grotta delle Stufe di S. Calogero è messo in correlazione da Ross Holloway con le figure della grotta dell’Addaura[22].

Antichi astronauti.

Non poteva mancare, tra le varie interpretazioni (ovviamente senza nessuna base scientifica) quella stravagante che vuole che alcuni dei personaggi rappresentati non siano altro che antichi astronauti in visita in Sicilia

 Spunti per un Percorso di Interpretazione del Patrimonio Culturale

Immaginate come un tale bene di notevole interesse artistico, storico e culturale potrebbe essere un elemento di attrazione e fonte di sviluppo territoriale. Infatti, la grotta dell’Addaura contiene tutti gli elementi per realizzare un percorso di Interpretazione del Patrimonio Culturale Archeologico degno di nota: sarebbe la forma più antica di arte parietale in Sicilia, per certi aspetti costituisce una specie di anticipazione del concetto di prospettiva in campo artistico.

Senza contare che la scena rappresentata oltre ad essere una delle prime scene dinamiche in quanto rappresentante azioni in movimento, è nel suo complesso, effettivamente intrigante ed è da stimolo per molte interpretazioni (compresa quella più stravagante che vuole la presenza di astronauti), la stessa scoperta inoltre, è avvolta da mistero. Ci sono tutti gli ingredienti per una fruizione del luogo secondo gli approcci indicati nei principi dell’Heritage Interpretazione “che mira a svelare il significato delle cose al di là delle apparenze” [23]

Un esempio di come possa essere raccontata la scena in chiave interpretativa è dato da Antonino Filippi nella premessa del suo interessantissimo lavoro: “I danzatori dell’Addaura. Le radici preistoriche della religiosità in Sicilia”:

“Si rimane increduli ad osservarli, stupiti dalle forme, da quelle poche linee che, incise nel duro calcare, mostrano con meraviglia e precisione le fattezze di corpi umani. Li si sente muovere, scuotersi all’interno di quel filo di roccia scolpito dal bulino che li ha imprigionati per millenni, come se volessero continuare a camminare, a correre, a danzare, seguendo all’infinito una cadenza, un ritmo. Sono lì, alcuni con le braccia alzate, altri chinati, altri stanti o con le gambe incrociate; una girandola di personaggi muti, ma che da millenni tentano di dirci qualcosa.”[24]

Immaginate invece che questo non possa avvenire, semplicemente perché la grotta è chiusa dal 1997, non accessibile ai turisti e agli studiosi, dimenticata da chi avrebbe il potere decisionale per intraprendere le azioni per mettere in sicurezza il luogo e renderlo fruibile all’intera collettività. Immaginate come ci si possa sentire nel vedere queste eccellenze del patrimonio culturale abbandonate a sé stesse…

[1] Alda Vigliardi: L’arte rupestre e mobiliare dal paleolitico all’eneolitico. In Prima Sicilia pag. 130.

[2] Fonte: Wikipedia – Di Bjs – Opera propria, CC 1.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=675290

[3] Monte Pellegrino nella Preistoria – Nuovi Dati. Di Giovanni Mannino. In Notiziario della Soprintendenza di Palermo 24/2017. Pag. 20

[4] Mannino la chiama Grotta III (Mannino G. 2012, I graffiti parietali preistorici della Grotta dell’Addaura: la scoperta e nuove acquisizioni, in Atti della XLI

Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze, pag 416)

[5] Monte Pellegrino nella Preistoria – Nuovi Dati. Di Giovanni Mannino. In Notiziario Archeologico 24/2017 della Soprintendenza di Palermo 24/2017 Pag. 21

[6] I danzatori dell’Addaura. Le radici preistoriche della religiosità in Sicilia – Di Filippi Antonino – Il Sole Editrice – Erice 2015. Pag. 35

[7] Mannino G. 2012, I graffiti parietali preistorici della Grotta dell’Addaura:

la scoperta e nuove acquisizioni, in Atti della XLI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze, pp. 415.

[8] Ho voluto riportare integralmente quanto scritto dal Mannino in modo da evitare, anche involontariamente, eventuali errori o mancanze che potrebbero alterare il racconto,

[9] Salvo il caso unico allora del bovide e delle figure schematiche della Grotta Romanelli di Lecce

[10] I danzatori dell’Addaura. Le radici preistoriche della religiosità in Sicilia – Di Filippi Antonino – Il Sole Editrice – Erice 2015

[11] Nuove incisioni della Grotta Addaura del Monte Pellegrino (Palermo) – G. Bolzoni in atti Società Toscana Scienze Naturali Serie A, 92 (1985) pag. 321-329

[12] Mannino G. 2012, I graffiti parietali preistorici della Grotta dell’Addaura: la scoperta e nuove acquisizioni, in Atti della XLI Riunione Scientifica

 dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze, pag 418

[13] Bovio Marconi: Sui Graffiti dell’Addaura. Riv. di Antrop., 40, 55-64 (1951-52)  / Bovio Marconi: Incisioni rupestri all’Addaura. BuI/. Paletnol. /tal., N.S., Ann. VIII, S, 5-22. (1953)

[14] Paolo Graziosi: (1956): Qualche osservazione sui graffiti rupestri della grotta dell’Addaura presso Palermo. Bull. Paletnol. ltal., 65 (2), 285-295.

[15] Franco Mezzena: Nuova interpretazione delle incisioni parietali paleolitiche della grotta Addaura a Palermo. Riv. Sco Preist., 31 (I), 61-85.

[16] Carlo Alberto Blanc: Il sacrificio umano dell’Addaura e la messa a morte rituale mediante strangolamento nell’etnologia e nella paletnologia. Quaternaria, 2, 213-225 (1955)

[17] V. Chiappella:  Altre considerazioni sugli «Acrobati» dell’Addaura. Quaternaria, l, 181-183 (1954)

[18] Fernard Benoit: A propos des «acrobates» de l’Addaura. Rite et mythe. Quater naria, 2, 209-211. (1955)

[19] Martini F., Illazioni sull’arte, in “Rivista di Scienze Preistoriche”, XLIX, Firenze, pp. 283-295.

[20] Nuove incisioni della Grotta Addaura del Monte Pellegrino (Palermo) – G. Bolzoni in atti Società Toscana Scienze Naturali Serie A, 92 (1985) pag. 321-329

[21] Sebastiano Tusa: L’arte preistorica in Sicilia, in “Bollettino del Centro di Studi Preistorici”, XXXIV-2003, Capo di Ponte (BS), pp. 33-88 (2004)

[22] Archeologia dell’Antica Sicilia –  di R. Ross Holloway. Torino 1995. Pag. 15

[23] Per un approfondimento dei principi dell’Heritage Interpretation si veda lo Speciale Interpretazione del Patrimonio Culturale (Heritage Interpretation)

 al seguente indirizzo web: https://www.aiptoc.it/speciale-interpretazione-del-patrimonio-culturale-heritage-interpretation/  

[24] I danzatori dell’Addaura. Le radici preistoriche della religiosità in Sicilia – Di Filippi Antonino – Il Sole Editrice – Erice 2015. Pag. 4

 

Documenti di approfondimento: 

Giovanni Mannino: Monte Pellegrino nella Preistoria – Nuovi dati: in Notiziario Archeologico Soprintendenza di Palermo 24/2017 – scarica il documento: G_Mannino_Le_Grotte_di_Monte_Gallo_Notiz

Mannino G. 2012, I graffiti parietali preistorici della Grotta dell’Addaura: la scoperta e nuove acquisizioni, in Atti della XLI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze, pp. 415-422.  Scarica file: I_graffiti_parietali_preistorici_della_G

Link di approfondimento: https://www.scintilena.com/la-storia-della-scoperta-delle-grotte-delladdaura-palermo-e-la-sua-famosa-scena-incisa/03/06/

 Giovanni Mannino: Monte Pellegrino nella Preistoria – Nuovi dati: in Notiziario Archeologico Soprintendenza di Palermo 24/2017 .

Le Grotte di Monte Gallo – Giovanni Mannino – In Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo 15/2016

 

Inserimento scheda: Ignazio Caloggero

Foto: web

Contributi informativi: Ignazio Caloggero Web, 

Nota: Il popolamento delle schede della Banca dati Heritage, procede per fasi incrementali: catalogazione, georeferenziazione, inserimento informazioni e immagini. Il bene culturale in oggetto è stato catalogato, georeferenziato ed inserite le prime informazioni. Al fine di arricchirne i contenuti informativi sono graditi ulteriori contributi, se lo desiderate potete contribuire attraverso la nostra area “I Vostri Contributi

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