Apollo
Descrizione

Apollo

Quanto segue è estratto da: Culti, Miti e Leggende dell’Antica Sicilia (Autore: Ignazio Caloggero – ISBN: 9788894321913)

Origini del Mito

Apollo e Diana (Durer)Apollo è figlio di Zeus e di Latona e il suo culto è in stretta relazione con quello di Artemide, di cui è considerato fratello gemello.

Si racconta che Latona, sedotta da Zeus ed incinta di Artemide e Apollo, dovette sfuggire alle ire della gelosa Era, moglie di Zeus e per questo motivo fu costretta a peregrinare per il mondo, inseguita da Pitone, un mostruoso serpente nato dalla terra e al comando di Era, alla ricerca di un luogo sicuro dove poter partorire.  Finalmente trovò un’isola errante, dove fece nascere Artemide e Apollo. L’isola, a cui fu dato il nome di Delo, divenne poi stabile grazie a Poseidone che, impietositosi della povera Latona, la ancorò al fondo del mare con possenti colonne.

Le caratteristiche comuni ad Artemide e Apollo sono più di una: entrambi sono muniti di arco e abili cacciatori ed il loro culto è legato agli aspetti della natura. Apollo è identificato con il sole, acquista quindi caratteristiche di luminosità e per questo è considerato dio della luce oltre che della verità. Artemide, invece, ha un ruolo più notturno ed  è, infatti, identificata con la luna.

 


Apollo e Dafne (1681 Musées Royaux des Beaux-Arts, Brussels)

Una delle prime azioni di Apollo fu quella di uccidere, con una delle sue infallibili frecce, il pitone che molestava la madre e proprio per questa azione si meritò l’appellativo di Pizio. L’uccisione, da parte del solare Apollo, del serpente nato dalla terra sta, probabilmente, a simboleggiare la vittoria da parte della luce solare sulle tenebre della notte. Dio della musica e della divinazione, Apollo ha, tra i suoi compiti, l’esercizio della profezia. Egli comunicava ai mortali le sue profezie grazie agli oracoli, il più famoso dei quali aveva sede a Delfi, un luogo della Focide, situato sul versante meridionale del monte Parnasso, in Grecia.

Apollo e Diana (Tiepolo Giambattista 1757)


Apollo e le Ninfe (Francis Girardon XVII sec.)

 A Delfi si trovava un famoso santuario, sede dell’oracolo di Apollo, venerato per secoli non soltanto dai Greci ma anche da altri popoli che si impossessarono del luogo, tra cui i Macedoni e i Romani. L’oracolo fu soppresso nel 390 d.C. dall’imperatore Teodosio. In una parte interrata del tempio stava la Pizia, sacerdotessa di Apollo, che in estasi, seduta su un treppiede, parlava con parole oscure e frasi slegate che i sacerdoti annotavano e sistemavano dopo in frasi compiute. L’oracolo, oltre a predire l’avvenire, dava consigli e aiuti. La partenza dei coloni verso nuovi territori era spesso preceduta da un viaggio a Delfi, dove veniva interpellato l’oracolo affinché desse indicazioni sull’ecista della spedizione, ossia sul capo che doveva guidare la colonia.

 Nel tempio, una serie di scritte in oro sulle pareti invitavano gli ospiti alla riflessione. Sono degne di essere ricordate:

 “conosci te stesso”

 “abbi misura in tutto

guardati dall’esagerazione

 ed agli autori di queste frasi sono attribuite anche le seguenti:

è disgraziato soltanto colui che non sopporta la disgrazia

la sicurezza precede la decadenza”[1].


Tempio di Apollo a Delfi


Tempio di Apollo a Delfi (ricostruzione)

Queste frasi denotano grande saggezza e profonda esperienza di vita. Non deve quindi stupire se, al di la del sentimento religioso, il santuario fu frequentato per secoli.

Apollo è anche un dio pastorale e lui stesso, a volte, è visto come un pastore. Appartengono a lui i buoi rubati dal Dio Ermes, alla fine barattati con la Lira.

Apollo è raffigurato come un bel giovane, i suoi attributi sono l’arco e la lira mentre il suo capo è, a volte, cinto da una corona di alloro.

Tra gli animali a lui sacri figurano il lupo e, così come per Artemide, anche il cervo ed il capriolo.

Il suo stretto legame con la natura è evidenziato dai racconti dei suoi amori, sia femminili che maschili, che si trasformano in fiori ed alberi. Amò non corrisposto la ninfa Dafne, figlia del dio fluviale Peneo. Nel fuggire da Apollo, Dafne poco prima di essere raggiunta chiese aiuto al padre che, per salvarla, la trasformò in alloro (in greco daphne = alloro). Apollo era innamorato anche del giovane Giacinto, ma un giorno, giocando al lancio del disco, lo uccise senza volerlo; profondamente addolorato, il dio trasformò l’amico amato in un nuovo fiore: il “giacinto”.

In quest’ultimo racconto è possibile rinvenire il fatto che i raggi del sole possono proteggere i fiori dal freddo, ma è anche vero che l’eccessivo calore da essi emesso può ucciderli.

Un altro amore di Apollo fu il giovane Ciparisso. Questi aveva come compagno di giochi un cervo sacro addomesticato, ma un giorno d’estate, mentre il cervo dormiva all’ombra, Ciparisso, lanciando un giavellotto lo uccise inavvertitamente. Il giovane disperato espresse, agli dei, il desiderio di morire e che le sue lacrime scendessero in eterno. Fu così trasformato in cipresso, l’albero della tristezza.

 Così come Zeus, Apollo ebbe vari appellativi che distinguono le varie sfumature del suo culto, il più famoso dei quali era Febo (il puro), ma vi era anche Apollo Pizio (avendo ucciso Pitone), Apollo Liceo (vincitore dei lupi), Apollo Sminteo (sterminatore dei topi che distruggono il raccolto), Apollo Parnopio (distruttore delle cavallette), Apollo Targello (dal mese di maggio, che in greco è Thargelios, ad indicare il calore solare che a Maggio fa maturare i raccolti) ed altri ancora.

 Erano molte le feste in onore di Apollo, tra le più famose vi erano i giuochi Pitici, in onore di Apollo Pizio. Questi si svolgevano ogni quattro anni, e precisamente il terzo anno dopo ogni Olimpiade, e consistevano in gare musicali, poetiche ed, in seguito, anche ginniche. Il premio per i vincitori era una corona di alloro, la pianta sacra ad Apollo.

Altra festa considerevole era quella delle Delie, duranti la quale venivano compiuti sacrifici in onore di Apollo, si svolgevano gare ginniche e si banchettava. Durante le Delie era istituita la tregua giudiziaria per cui venivano sospese tutte le esecuzioni capitali.

Altre feste della stessa portata delle Delie erano le Carnee, celebrate in onore di Apollo Carneo, duravano ben nove giorni, con gare ginniche, scampagnate gioiose e sacrifici di capretti.

Il Mito in Sicilia

 In Sicilia il culto di Apollo era abbastanza diffuso. A Naxos, in cui sbarcarono i primi Ioni Calcidesi, il culto assunse un significato politico ed il dio era visto come protettore dei coloni e dei nuovi insediamenti.

In altre città il culto assunse una tipologia tipicamente pastorale, mentre in altre ancora esso fu relazionato con quello di Asclepio, dio della medicina. Ad Agrigento una statua di Apollo, opera del famoso statuario greco Mirone (V sec. a.C.) e situata nel tempio di Asclepio, fu rubata dall’immancabile Verre [2], sempre presente dove c’era qualche opera d’arte da trafugare.

Apollo fu considerato protettore della medicina anche a Siracusa e a Selinunte. In quest’ultima città è stata trovata una moneta che sottolinea il rapporto tra il culto di Apollo e quello di Artemide, infatti, i due compaiono assieme su una biga. La moneta, un tetradracma del V sec. a.C., è ora conservata al museo Archeologico Nazionale di Napoli. Notizie sul suo culto si hanno infine, nelle città di Adrano, Etna, Agirio, Amestrato [3], Assoro [4], Caleacte, Catania, Centuripe, Lentini, Marsala, Menai, Palermo, Tindari e Messina.

Dei templi dell’Acropoli di Selinunte, il più antico e imponente dei templi dorici della città denominato con la lettera C era dedicato ad Apollo. Fu iniziato nel 560 a.C., misura m 63,7 x 24[5] ed in esso è stata trovata una metopa, ora conservata al Museo Nazionale Archeologico di Palermo, raffigurante Apollo. Il nome di Apollo figura anche nella grande “tavola Selinuntina” che, come ricordano le stesse iscrizioni, fu posta nel suo tempio.

tempioc2Tempio C – Selinunte

Piazza Armerina, nella famosa villa tardo antica del Casale, è stata trovata una statua di Apollo e parte di un affresco che rappresenta due scene di metamorfosi legate al suo mito: quella di Dafne in alloro e di Ciparisso in cipresso [6].

apollovillaromanadelcasaleVilla Romana del Casale – Statua di Apollo

Siracusa, nell’isola di Ortigia, e precisamente nel Largo XXV Luglio, sono ancora visibili i resti del tempio di Apollo. Tale tempio fu, in passato, attribuito al culto di Artemide, ma una iscrizione incisa su uno dei gradini confermerebbe, invece, che esso era dedicato ad Apollo.

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Siracusa: Tempio di Apollo

Il tempio misura m.58,10 x 24,50[7] e la costruzione può essere fatta risalire agli inizi del VI sec. a.C. Un altro Santuario, dedicato ad Apollo Temenite, è stato scoperto, da scavi iniziati nel 1953, vicino al teatro di Siracusa; l’altare fu costruito più volte e spostato man mano che veniva ampliata la costruzione del teatro e le tracce più antiche risalgono alla fine del VII sec. a.C..

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Siracusa: Tempio di Apollo

L’attuale stemma civico della città di Marsala, denota come il culto di Apollo doveva essere senz’altro presente in quella città, l’antica Lillibeo, dove in una grotta c’era la sede della Sibilla di Lillibeo, profetessa di Apollo. Sopra la grotta, nello stesso posto in cui probabilmente esisteva un tempio dedicato ad Apollo [8], fu eretta, nel XVI sec., la chiesa di S. Giovanni Battista la cui statua, sita all’interno della grotta, poggerebbe su un’antica ara di Apollo.

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Chiesa di San Giovanni Battista – Antro della Sibilla – MarsalaStemma civico di Marsala

[1] Carl Grinberg: Storia Universale p. 289.

[2] Cicerone, Verrine II.IV.93

[3] La città di Amestrato è da identificare probabilmente con l’attuale Mistretta, a 20

  1. circa a sud di S. Stefano di Camastra, sulla costa settentrionale della Sicilia.

[4] La città di Assoro è da identificare, probabilmente, con l’attuale borgo di  Assoro, non lontano da Leonforte in Provincia di Enna.

[5] Filippo Coarelli e Mario Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.93

[6] F. Coarelli e M. Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.185.

[7] F. Coarelli e M. Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.230.

[8] Giuseppe Pitrè: Feste Patronali in Sicilia p. 488

Inserimento scheda: Ignazio Caloggero

Foto: web, Ignazio Caloggero

Contributi informativi:  Ignazio Caloggero, Regione Sicilia

Nota esclusione responsabilità

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