Il monastero e la chiesa di Santa Lucia

E’ il più sontuoso monumento architettonico di Adrano. La fondazione del Monastero benedettino si deve alla contessa Adelasia, nipote di Ruggero, la quale ebbe in dote la Contea di Adernò.

Adelasia, si dedicò a molteplici opere di beneficenza e nel 1158, con atto pubblico datato 12 maggio 1158, dettò le norme e le regole per la istituzione di un monastero dedicato a S. Lucia.

Il monastero doveva accogliere dodici fanciulle vergini e povere, le quali per assumere l’abito religioso non avrebbero dovuto versare alcun contributo poiché il monastero disponeva di terre con vigneti, oliveti, pascoli, mulini, fonti e boschi sufficienti per la gestione dello stesso.

Il monastero era ubicato fuori le mura cittadine, vicino la chiesa della Madonna della Consolazione, nell’attuale quartiere detto “Maria Santissima delle Salette”.

Con il passare degli anni, nei primi decenni del’ 400, la sede del monastero risultava ormai piccola e il posto poco sicuro, cosicché si pensò di costruire il nuovo edificio nell’attuale sede, in un sito allora chiamato Piano delle Rose. La costruzione veniva portata a termine

nel 1596 e poteva ospitare un maggiore numero di suore. Per varie vicissitudini dovettero passare circa 200 anni per l’ultimazione della chiesa (1775) e perché il monastero assumesse l’aspetto architettonico che si può ammirare oggi.

Il complesso monumentale progettato dagli architetti Stefano Ittar e il Principe di Biscari, si snoda lungo tutto il corso di Via Roma e si compone di più parti, di cui due si evidenziano per importanza e bellezza: la chiesa e il monastero.

L’ imponente costruzione del monastero corre e copre l’intera lunghezza dell’attuale via Roma (circa 200 metri) e acquista maggiore spicco e maestosità per il grande spazio antistante nel quale trova posto il “Giardino della Vittoria, il polmone verde di Adrano.

La chiesa ha una facciata a tre ordini sormontata da due campanili a cupole quadrangolari.

Al centro del primo ordine è inserito il portale d’ingresso, realizzato con una coppia di colonne binate poste su di un piedistallo, sormontate da un timpano spezzato su cui siedono due angeli. Nella parte centrale del secondo ordine, è posto un finestrone sormontato da un timpano; ai due lati si rivelano due finestre realizzate in pietra bianca. Il terzo ordine è costituito da due campanili collegati da una balconata, divisa in tre campi da sei paraste.

La pianta interna della chiesa è composta da un’unica navata a forma ellittica con una cupola a conchiglia che chiude l’ampio spazio circolare e si compone del pronao, dell’aula e dell’abside. Fra le strutture settecentesche, emergono gli altari marmorei, un coro rococò e il maestoso altare centrale con copertura a baldacchino.

Nel pronao sono sistemate due epigrafi in marmo nei quali è descritta la storia del monastero.

All’interno della chiesa, seguendo un percorso di visita circolare che inizia dal lato sinistro dell’aula, così come  indicato sulla mappa tattile abbiamo:

Primo altare di sinistra con una pala d’altare che raffigura

l’ultima comunione di San Benedetto, di metà del sec. XVIII, è un olio su tela.

Il bene appartiene al Fondo Edifici di Culto, è un’opera molto rappresentativa della chiesa che fu delle suore benedettine di Adrano facente capo a uno dei monasteri di più antica fondazione del territorio catanese. E’ pendant del dipinto raffigurante la  Madonna Immacolata con San Carlo Borromeo collocato nel secondo altare a destra.

Secondo altare di sinistra dedicato al Crocifisso e contiene un Crocifisso in legno scolpito e dipinto, della seconda metà del secolo XVIII.

 In posizione centrale vi è l’altare maggiore, in marmi policromi, sormontato da un Baldacchino monumentale, opera del 1827, realizzata in velluto rosso, applicazioni in filo dorato, laminetta dorata, filo argentato, filo di seta, strass e trina dorata. Le decorazioni delle cornici degli altari laterali in velluto rosso sono state realizzate probabilmente negli stessi tempi e dalle stesse maestranze. La monumentalità del manufatto testimonia non solo il gusto di un’epoca ancora legata agli apparati effimeri tipici della cultura barocca, ma anche la ricchezza e l’eleganza delle opere artigianali commissionate dall’ordine benedettino, fiorente nel territorio sino alla sua soppressione nel 1866. In particolare nel caso di opere d’arte tessile alcuni lavori erano realizzati dalle stesse religiose appartenenti all’ordine.

Continuando troviamo l’ingresso della Sacrestia

a seguire troviamo l’altare dedicato all’Immacolata con una pala d’altare raffigurante, la Madonna Immacolata con San Carlo Borromeo, della seconda metà del secolo XVIII , è un olio su tela.

Il soggetto del dipinto rispetta la convenzionale iconografia diffusa nel territorio nel XVIII secolo: la Vergine in gloria è seduta in una posa graziosamente ruotata su nembi rosati e attorniata da una folla di angioletti e di cherubini; presenti gli attributi tipici dell’Immacolata, lo stellario e la falce di luna sotto il piede destro. La sovrasta la colomba dello Spirito Santo. Alla sua destra San Carlo Borromeo si prostra adorante; tra l’abbondante veste rossa cardinalizia e l’angioletto ai suoi piedi è collocato uno dei suoi attributi, forse la mitra, non bene identificabile perché pesantemente coperto da ridipinture.  La cultura figurativa del pittore è quella che va da Vito D’Anna a Olivio Sozzi dai quali il nostro anonimo riprende lo schema compositivo.

ultimo altare del percorso, primo da destra  dedicato a  SANTA LUCIA con pala d’altare raffigurante Santa Lucia condotta la supplizio,  olio su tela, 1843, di Giuseppe Rapisardi  (Catania 1799 – 1853)

 FONTE BATTESIMALE in marmo policromo

 Gli affreschi della cupola dell’aula, raffigurano l’Assunzione della Vergine, 

Risale certamente al pieno Settecento l’affresco dell’aula della chiesa dedicato all’Assunzione della Vergine.

L’abside è sormontata da una cupola circolare decorata al centro con un affresco raffigurante La trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor e sugli spicchi i Quattro evangelisti.

La scena centrale raffigura  l’episodio della trasfigurazione così come narrato nei tre vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca), dopo la confessione di Pietro. Secondo questi testi Gesù, dopo essersi appartato con i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, cambiò aspetto mostrandosi ai tre discepoli con uno straordinario splendore della persona e uno stupefacente candore delle vesti.