I Parchi Archeologici

Il concetto di parco e sito archeologico,  normativa nazionale e regionale sui parchi e le aree archeologiche, la normativa siciliana, i 19 parchi inseriti nel sistema dei parchi archeologici di Sicilia.  

Il concetto di parco archeologico.
Pur non esistendo ancora una definizione formale, almeno a livello nazionale, di “Parco Archeologico” la circolare n. 12059 del 15.11.1990 del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, aveva indicato il Parco Archeologico come “area protetta nella quale, per la consistenza di presenze monumentali, può individuarsi e definirsi uno spazio di particolare valenza quale Museo all’aperto”.

Nei fatti per molti anni ancora, nella prassi e in legislazione, i termini parco, area, sito o zona archeologica continuavano ad essere usati indifferentemente. 

Sito archeologico
La normativa italiana non prevede una definizione di sito archeologico, ma include tra i beni culturali oggetto di tutela tutte “le cose immobili (…) che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico” (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 10, in materia di “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137“). Una definizione accettata, non normata è la seguente:

Sito Archeologico: Luogo (o un gruppo di luoghi) in cui si conservano tracce dell’attività umana del passato – sia preistorico, storico o contemporaneo – e che è o è stato indagato attraverso l’impiego di metodologie archeologiche.

Il T.U sui Beni culturali del 2004 che abroga il T:U 490/1999 fornisce le seguenti definizioni di area archeologica e parco archeologico.

area archeologica (comma b articolo 99 T.U 490/1999)

b) area archeologica: sito su cui insistono i resti di un insieme edilizio originariamente concluso per funzione e destinazione d’uso complessiva.

 parco archeologico (comma b articolo 99 T.U 490/1999)

c) parco archeologico: ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all’aperto in modo da facilitarne la lettura attraverso itinerari ragionati e sussidi didattici.

 Il T.U sui Beni culturali del 2004 che abroga il T:U 490/1999 rielabora tali definizioni: 

  • Area archeologica (comma d articolo 101 T.U sui B.c del 2004) – “area archeologica”, un sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica;
  • Parco archeologico (comma e articolo 101 T.U sui B.c del 2004) – “parco archeologico”, un ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all’aperto;

 Per capire meglio il concetto di Parco archeologico può essere utile la lettura delle Linee guida, pubblicate come allegato al Decreto Ministeriale 18 aprile 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 179 del 2 agosto 2012, Supplemento Ordinario n. 165.

Vediamone un estratto:

“Il parco archeologico rientra dunque nella categoria dei parchi territoriali, intesi come luoghi dove l’intreccio cultura/natura si presenta nelle forme più differenziate, in cui ora prevalgono gli aspetti naturalistici (geologici, vegetazionali, faunistici…) ora quelli storici (paesaggistici, architettonici, urbanistici, minerari…): si ha parco archeologico quando la componente storico-archeologica risulta quantitativamente o qualitativamente caratterizzante.

 Tali parchi, per la «complessità» della loro natura, necessitano di speciali attenzioni: è infatti necessario che la gestione degli aspetti archeologici (sui quali, quale che sia il regime di proprietà, vige la competenza dello Stato nel campo della tutela) si integri in maniera organica con le altre componenti del parco (strutture storiche, contesti naturalistico – ambientali etc.), spesso di proprietà di Enti locali o di altri soggetti pubblici e privati, che devono esercitare i propri diritti e le proprie competenze, in armonia con le esigenze della tutela.

Quando la componente archeologica è esclusiva, si è soliti utilizzare la definizione area archeologica sia che si tratti – come nella maggior parte dei casi – di piccole aree con resti archeologici frammentari, sia che ci si trovi di fronte a superfici estese con resti imponenti e famosi (come Pompei, Ostia, Area archeologica centrale di Roma, ecc.). Anche l’area archeologica è presa in considerazione dal Codice che la considera, all’art. 101, comma 2, lett. d, «un sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica».”

 La normativa regionale in materia di istituzioni dei parchi archeologici

La normativa regionale in materia di istituzioni dei parchi archeologici risente della margine lasciato alle singole regioni, in particolare alle regioni a statuto speciale in base a quanto previsto dalla costituzione (art 117) e dalle leggi conseguenti che disciplinano la Ripartizione delle competenze dello Stato e delle Regioni, in materia di beni culturali e ambientali e di interventi nelle attività culturali. Il panorama composito che può essere, sostanzialmente ricondotto a due matrici originarie.

  • Dimensione paesaggistico-ambientale, ponendo l’accento sull’aspetto della pianificazione territoriale che costituisce un ambito di specifica competenza regionale. Le relative normative rientrano nel contesto più ampio di leggi regionali pertinenti alla pianificazione paesaggistica o alle aree protette, queste ultime emanate in attuazione dei principi fondamentali stabiliti dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante la legge quadro sulle aree naturali protette (Lazio L.R. 24/98).
  • Nella seconda accezione, il parco è ricondotto nell’ambito dei «luoghi della cultura» o nella tipologia dei «musei all’aperto» (Sardegna L.R. 14/06, Marche L.R. 4/10, Toscana L.R. 21/10). In questo seconda tipologia non rientrano leggi specifiche sui parchi archeologici, bensì di leggi di inquadramento, di messa a sistema dell’intero comparto dei beni culturali, nelle quali sono dedicati ai parchi archeologici.

Alcune Regioni pur effettuando interventi a sostegno del proprio patrimonio archeologico (Lombardia, Veneto, Molise, Abruzzo, Calabria) non sono intervenute sul tema a livello legislativo.

La Corte costituzionale, con la sentenza 4 giugno 2010, n. 193, ha chiarito che, a seguito della modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, è mutato il quadro delle competenze legislative in cui si inseriva la legge n. 394 del 1991, poiché la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali rientra oggi nella potestà legislativa esclusiva dello Stato (all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.), mentre la potestà legislativa concorrente delle Regioni concerne le competenze di valorizzazione. Ne deriva, quanto al riparto delle funzioni amministrative, che le attribuzioni inerenti alla tutela spettano in principio allo Stato e possono essere esercitate dalle Regioni esclusivamente ove conferite dallo Stato (in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’art. 118, primo comma, della Costituzione) e nel rispetto del principio di cooperazione (C. cost., 4.6.2010, n. 193). Ciò si riscontra, ad esempio, con riferimento alla cura dell’interesse naturalistico (rispetto al quale parte delle competenze di tutela spettano alle Regioni) e, in certa misura, con riferimento alla tutela paesaggistica (sostanzialmente co-gestita tra Stato e Regioni), mentre la tutela archeologica rimane attribuita esclusivamente allo Stato.

Le Regioni, inoltre, esercitano la funzione di valorizzazione, sulla base dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale e subordinatamente alle esigenze della tutela; fermo restando, peraltro, che la valorizzazione dei beni culturali appartenenti allo Stato compete a quest’ultimo (C. cost. 20.1.2004, n. 26) .

Dal complesso quadro che si è sommariamente delineato discende, in accordo con gli orientamenti consolidati e ribaditi dalla più recente giurisprudenza costituzionale, l’illegittimità di ogni iniziativa che tenda a conseguire il pur condivisibile fine della semplificazione procedimentale non già attraverso il ricorso alle sedi di coordinamento previste dall’ordinamento, bensì riconducendo unilateralmente ad un solo livello istituzionale la cura di tutti i diversi interessi pubblici afferenti al territorio.

 L.R. n. 20/2000 della Regione Sicilia
Del tutto diverso è il caso della Regione Siciliana, che in forza del proprio Statuto speciale ha emanato specifica normativa nel settore, la quale costituisce un esempio per ora isolato nel contesto nazionale. La L.R. n. 20/2000, dedicata prioritariamente all’istituzione del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, ha infatti individuato nell’articolo 20 anche specifiche norme finalizzate all’istituzione di un sistema dei parchi archeologici che si estenda in tutta la Sicilia e per la prima volta istituisce il “Parco Archeologico” come soggetto istituzionale.  

La L.R. n. 20/2000 della Regione Sicilia offre una diversa visione del parco archeologico, che parte dalla premessa che, così come ha insegnato l’esperienza dei parchi naturali, per superare l’ostilità delle popolazioni locali occorre, sin dal momento della sua istituzione, prevedere una forte autonomia della struttura del parco, dotata dell’autorità per promuovere con i privati la elaborazione di un ampio piano di attività produttive di contorno.  

Finalità della L.R. n. 20/2000
Le Finalità’ della norma sono espresse all’articolo 20, secondo cui il “sistema” di parchi archeologici regionali è preordinato alla salvaguardia, gestione, conservazione e difesa del patrimonio archeologico regionale, nonché a consentire le migliori condizioni di fruibilità a scopi scientifici, sociali, economici e turistici dello stesso. 

Organi del Parco secondo la L.R. n. 20/2000
Questi sono il Direttore e il comitato tecnico – scientifico. 
Il primo, che è la figura centrale del nuovo istituto, non soltanto esercita tutte le funzioni di gestione del Parco, del quale è legale rappresentante, ma è anche il responsabile dell’attività tecnico scientifica che si svolge sul territorio. Spetta infatti al direttore il compito di predisporre sia lo schema di regolamento del parco – nel quale l’organizzazione e il funzionamento del Parco sono modellati sulle specifiche valenze delle singole aree – sia il programma annuale e pluriennale di attività, che, viene chiarito, comprende tutti gli interventi deputati alla ricerca e alla valorizzazione del patrimonio archeologico del Parco. 
Il secondo, composto da esperti e da rappresentanti istituzionali, esercita una funzione consultiva su tutti gli atti del direttore. Il comitato esprime altresì il parere richiesto dalla legge di tutela per l’esecuzione degli interventi compresi nel programma del Parco.
Quest’ultimo organo mantiene peraltro un ruolo importante all’interno del Parco, quantunque esso venga disgiunto dalle funzioni di gestione del Parco, che sono riservate al suo direttore. In particolare, il Soprintendente presiede il comitato tecnico scientifico e ha il compito esclusivo di procedere alla progettazione dei parchi, già individuati dall’Assessore regionale ai sensi della L.R. n. 20/2000, che ricadono  nella provincia di competenza: il che comporta la individuazione e la perimetrazione dell’area archeologica e delle sue fasce di  rispetto, nonché la predisposizione dello schema di regolamento del Parco e in particolare delle norme che fissano “modalità d’uso, vincoli e divieti” operanti nel territorio del parco, e ciò anche in variante alle previsioni del locale strumento urbanistico generale. Per questo motivo, il progetto di parco deve essere corredato del parere obbligatorio rilasciato dal Comune interessato

  •  

[wp_ad_camp_1]

© Centro Studi Helios

archeo

Condividi/Share
Share

Leave a Reply

Share