Monte Chibbò 1
Centro indigeno ellenizzato con tracce di frequentazione dal VI al II sec. a. C. – Necropoli indigeno ellenizzata. (Fonte testo: Linee Guida del piano territoriale paesistico regionale)
accesso lungo questo lato è un ripido pensiero, a So del Pizzo del Re, adattato artificialmente. Un altro ingresso da O si trova lungo il filo di Chibbò e permette di accedere al pianoro situato alle pendici settentrionali del monte, già fuori dell’area dell’antico abitato: questa via sale dalla contrada Chibbò e doveva rappresentare il collegamento più importante, anche se non il più breve, tra il centro e quello vicino di Castellazzo di Marianopoli. L’esistenza di un centro abitato su Monte Chibbò venne segnalata da D. Adamesteanu in una breve nota, ma nessuna ricerca è stata fino ad ora intrapresa in questa località. Le ricognizioni effettuate sul sito hanno permesso di individuare alcuni elementi topografici dell’antico centro: a) localizzazione dei limiti dell’ara abitata, b) fortificazioni; c) necropoli SO; d) piccola area di sepolture a N; e) due aree di frammenti nei pressi dell’abitato. Fortificazioni: il muro di difesa chiudeva solamente la parte alta dell’abitato: la sommità del rilievo, delimitata dalla scarpata ad O e da mura sui restanti lati, costituiva dunque una piccola acropoli, da cui era possibile dominare tutto l’abitato e le vie di accesso. I tratti di
muri attualmente visibili rivelano la tecnica di costruzione impiegata per adattarsi al terreno in pendio, che consiste nella creazione di un muro a secco per il paramento esterno e a monte un riempimento interno di pietrame e terra. La tecnica non differisce molto da quella utilizzata negli altri centri fortificati dell’area. In assenza di scavi è difficile fornire una datazione attendibile per la fortificazione: l’esempio di Terravecchia, dove le mura sono state attribuite al VI sec. a.C., offre un riferimento certamente utile, ma solo indicativo. Insediamento: si estendeva sui versanti settentrionale e meridionale. Tranne che nella piccola area pianeggiante sul vertice sud del monte, l’abitato aveva una disposizione a terrazze, comune alla maggioranza dei centri della Sicilia interna. Il lato settentrionale doveva essere quasi interamente occupato da costruzioni: infatti,
numerosi frammenti di solenes e kalypteres e di grandi recipienti affiorano dal terreno fin alla base del pendio. La presenza di alcune tombe lungo il costone occidentale, anche nella zona di pendio, induce ad ipotizzare che una stretta fascia occidentale del versante N fosse lasciata libera per le sepolture. Il tipo di abitazioni doveva essere molto semplice, i resti di muri ed alcune strutture nei pressi della cima, parzialmente scavate dai clandestini, documentano muretti a doppio paramento, con pietre a volte regolarizzate in faccia vista. Un diverso aspetto doveva offrire l’abitato sul versante meridionale, a causa della maggiore inclinazione del terreno: nella parte sud-occidentale, lungo il costone, l’abitato probabilmente proseguiva fino al passaggio verso valle. A S e a SE l’accentuato pendio favorisce lo scivolamento in basso dei materiali fittili e del pietrame impiegato per le costruzioni. Dove il terreno è meno ripido si conservano tracce di strutture con muri a secco del tipo già riscontrato sul versante settentrionale, in particolare a ridosso della scarpata occidentale, dove, sempre ad opera di clandestini, sono stati messi in luce alcuni muri, presumibilmente di abitazioni, che delimitano ambienti di forma quadrangolare. Tale versante è caratterizzato da numerosi tagli nel calcare con le abitazioni parzialmente incassate nella roccia. La copertura era con tetti a spioventi, come documentato dai frammenti di solenes e kalypteres. Accanto a vani di forma quadrangolare, esistono esempi di vani a pianta differente. In complesso il settore meridionale dell’abitato doveva avere un aspetto originale e vario. Necropoli: sono poi state portate alla luce tre tombe a camera scavate nella roccia, che fanno parte di un unico complesso rupestre, localizzato lungo il pendio roccioso a SE del rilievo probabilmente poco fuori dell’area abitata. Tale presenza rimane al momento isolata, mancando tracce di altre tombe nelle vicinanze. Unica accessibile è la tomba meridionale grazie ad uno scavo clandestino che ne ha messo in luce l’apertura. L’ambiente interno è quadrangolare con apertura rettangolare e presenta un incasso per la posa della lastra di chiusura, costituita da un blocco calcareo, conservatosi integro all’esterno della tomba, con risega sul bordo. La terza tomba a N, ha la volta quasi interamente franata, ma doveva avere dimensioni molto vicine alla prima. Né all’interno delle tombe né all’esterno è stato rinvenuto alcun frammento significativo. La loro datazione non dovrebbe scendere oltre la fine del VI sec. a.C.
Fonte testo: Relazione archeologica Elettrodotto a 380KV in doppia terna – Chiaramonte Gulfi – Ciminna ( https://va.minambiente.it/File/Documento/62560)
altri documenti: https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1016/1303?pagina=10
COMUNICATO: Bene catalogato ma parzialmente geolocalizzato. Vi invitiamo a fornire il vostro contributo fornendoci informazioni utili che ci permettano di geolocalizzare il bene catalogato. Si veda anche “Patrimonio Culturale da Geolocalizzare“
Documento di approfondimento: Himera Città Greca, guida alla storia e ai monumenti di Stefano Vassallo, Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, Servizio Beni Archeologici_ Palermo 2005 : Scarica file: Himera_citta_greca_2005
Inserimento scheda: Ignazio Caloggero
Foto:
Contributi informativi: Relazione archeologica Elettrodotto a 380KV in doppia terna – Chiaramonte Gulfi – Ciminna/ Ignazio Caloggero/ Web
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