I Luoghi del racconto filmico: Divorzio all’italiana (1961) – Ispica
Il sito fa parte dei Luoghi del racconto filmico: Divorzio all’italiana (1961) sono inseriti nella “Carta regionale dei Luoghi dell’Identità e della Memoria” (LIM) istituita dalla Regione Sicilia con il D.A n. 8410 del 03/12/2009
Il settore di riferimento è quello relativo ai “Luoghi degli anni del dopoguerra della Sicilia nel racconto cinematografico – “Divorzio all’italiana”, 1961, regia di Pietro Germi
I luoghi inseriti nella LIM:
- Circolo di conversazione (Ragusa Ibla);
- Corso Garibaldi, Chiesa S. Bartolomeo (Ispica-prov. Ragusa);
- Stazione ferroviaria (Catania)
Divorzio all’italiana è un film del 1961 diretto da Pietro Germi.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 1962, vinse il premio come miglior commedia, e ottenne anche tre candidature all’Oscar vincendo la statuetta per la miglior sceneggiatura originale.
Nella città siciliana di Agramonte vive il barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè. L’uomo è coniugato da dodici anni con l’assillante Rosalia, una donna ardente d’amore per lui, ma per la quale ha perso ogni attrazione. Nel frattempo, è innamorato della propria cugina, la sedicenne Angela. La legge italiana non ammette il divorzio, ma è ancora previsto il delitto d’onore, un caso di omicidio punito con pena più mite e molto frequente in Sicilia.
Fefè tenta allora disperatamente di trovare alla moglie un amante, per poterli sorprendere insieme, ucciderli, usufruire del beneficio del motivo d’onore e – scontata la lieve pena – sposare finalmente l’amata. Non ci riesce, ma la sorte gli viene incontro. In seguito a un litigio con il marito, Rosalia, sentendosi abbandonata, cerca conforto in Carmelo Patanè, un suo vecchio spasimante creduto morto in guerra e poi tornato. Fefè, venuto a sapere della vecchia relazione, favorisce gli incontri e spia i potenziali adulteri, finché un giorno scopre che si sono finalmente dati appuntamento, in occasione dell’arrivo in città del film La dolce vita, che richiama tutto il paese. Il barone va al cinema, ma nel mezzo della proiezione rincasa allo scopo di sorprendere gli amanti. Costoro, però, anziché consumare il tradimento, si sono dati alla fuga.
Venuta a mancare la flagranza, che avrebbe potuto giustificare lo stato d’ira richiesto dalla norma sul delitto d’onore, Fefè si finge malato e incapace di reagire. Si attira così il disprezzo di tutti i concittadini, intenzionalmente, per creare condizioni di disonore sufficienti a giustificare comunque il suo gesto. Nel frattempo lo zio Calogero, padre di Angela, muore d’infarto scoprendo casualmente la tresca della figlia con il nipote. Al funerale fa la sua apparizione Immacolata, moglie di Patanè, che umilia pubblicamente Ferdinando, sputandogli in faccia.
Grazie a don Ciccio Matara, boss locale, il barone viene a conoscenza del luogo dove sono nascosti i fuggiaschi. Giunto sul posto, trova Immacolata che ha già vendicato il suo onore uccidendo il marito. Non gli resta allora che fare altrettanto con Rosalia. Condannato a tre anni di carcere, sconta una pena inferiore beneficiando di un’amnistia e torna infine in paese, dove finalmente sposa la bella Angela.
Ma, dopo pochi mesi, in viaggio di nozze qualcosa (o meglio qualcuno) mette già in dubbio la felicità dell’unione: infatti, nella scena finale Angela, sdraiata sul ponte di una barca, bacia il neomarito Fefè, mentre con un piede carezza quello del giovane timoniere. .(Fonte testo: Wikipedia)
Inserimento scheda: Ignazio Caloggero
Foto: web
Contributi informativi: Ignazio Caloggero, Web
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