Festa di San Giuseppe - Leonforte
Descrizione

Festa di San Giuseppe

 

 

———————————————- 

Scheda tecnica elaborata da: Regione Sicilia – Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana – CRicd: Centro regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione e filmoteca regionale siciliana

N. Prog.
124
Bene
Festa di San Giuseppe
Libro
REI – Libro delle celebrazioni
Data approvazione
13-11-2008
Categoria
Festa/Cerimonia
Provincia
Enna
Località
 
Comune
Leonforte
Denominazione locale
San Giuseppi
Notizie Cronologiche
La statua di San Giuseppe, che si ammira nell’artistica nicchia dell’altare maggiore dell’omonima chiesa parrocchiale, fu acquistata dal sacerdote Angelo Sinardi nel secondo dopoguerra (tra il 1947 e il 1948), a sostituzione della precedente in cartapesta andata in rovina. Quando il simulacro arrivò a Leonforte, suscitò scandalo tra il popolo devoto per le fattezze giovanili del Patriarca, tanto da esclamare che eratroppu carusu stu San Giuseppi. Sicché il parroco, per sedare lo sgomento del popolo, ordinò che gli venissero colorati la fulva barba e i biondi capelli. Così i devotissimi sangiusippara poterono rivedere l’amato Patriarca con la barba e i capelli bianchi, così come viene di solito raffigurato il Padre putativo di Gesù, ossia in sembianze senili, almeno nell’iconografia tradizionale.
Ricorrenza
Annuale
Data
18 e 19 Marzo
Occasione
Celebrazioni in onore di San Giuseppe
Funzione
Devozionale
Attori
Ragazzi del posto che recitano i razziuneddi (preghiere dialettali)
Partecipanti
Fedeli, comunità locale, turisti
Descrizione
Nel pomeriggio del 18 marzo e per tutta la notte si giranu l’artara, ossia le tavolate votive imbandite con cuddura (pane tipicamente lavorato) e pupiddi (panini che richiamano, in piccolo, le cuddure), preparati con squisita arte dalle massaie del vicinato, primizie stagionali e dolci di ogni tipo.
Le famiglie che decidono di allestire un altare riservano allo stesso una stanza della loro casa. L’allestimento richiede l’apporto e lo sforzo dell’intero vicinato perché San Giuseppi voli traficu (San Giuseppe esige un estenuante lavoro), oltre che per la lavorazione del pane, anche per la preparazione di sfingi, fave, ceci bolliti e delle varie frittate di cardi e finocchi. Non tutto il cibo preparato è destinato all’altare, bensì distribuito alle centinaia di visitatori durante la lunga veglia.
L’altare viene “concluso dal cielo”, ovvero da un drappeggio di veli da sposa disposti ad arte come un baldacchino, e da una immagine del Santo posta al centro, tra i veli.
Gli altari sono individuati grazie a inequivocabile segnaletica: un tempo una semplice scatola di scarpe foderata di carta velina rossa illuminata dall’interno così da potersi leggere, ritagliato sul coperchio l’acronimo “W S.G.” (Viva San Giuseppe), oggi magari sostituita da una stella punteggiata di numerose luci.
L’artaru, che nell’immagine popolare leonfortese simboleggia il pranzo (u cuonsulu) che gli Apostoli preparano alla Vergine Madre in occasione della dipartita del marito Giuseppe, è il frutto di un voto di chi ha ricevuto una grazia dal Santo Patriarca.
Dai ragazzi, a volte anche dai grandi, sono recitate razziuneddi, preghiere dialettali che narrano la vita di Gesù.
Il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, in ogni artaru c’è a mangiata di Santi, fatta secondo il rituale dell’ultima cena di Gesù con gli Apostoli. Ciascun Santo viene rappresentato da un calice e un piattino con tre spicchi di mandarino, distinti ma non del tutto divisi, uniti alla base, a simboleggiare la Trinità e l’Unità di Dio. Il padrone di casa, con un rito che vagamente ricorda quello dell’ultima cena, provvede alla lavanda e al bacio dei piedi dei Santi.
Tre personaggi viventi personificano i tre componenti della Sacra Famiglia e intorno a mezzogiorno incominciano il loro pranzo. A tali personaggi, reclutati tra le famiglie più indigenti, viene distribuito quanto imbandito sull’altare. Ciò consente ai poveri di ricevere quanto permette loro di sostentarsi per qualche settimana e all’artefice dell’altare di assolvere al voto fatto.
Nel pomeriggio, a conclusione dei festeggiamenti, si svolge la processione con il simulacro di San Giuseppe portato a spalla per le vie del paese, accompagnato dai fedeli, alcuni scalzi, alcuni con le torce (grandi ceri votivi mostrati per una grazia ricevuta).
Bibliografia
Buttitta, Ignazio Emanuele. 1999. Le fiamme dei santi: usi rituali del fuoco nelle feste siciliane. Roma: Meltemi Editore, Collezione “Gli Argonauti”.
 
Cipriani, Roberto e Luigi, Lombardi Satriani, a cura di. 2013. Il cibo e il sacro. Roma: Armando Editore.
Sitografia
 
Filmografia
 
Discografia
 
Note
Lo scopo degli altari è quello di sfamare i poveri, essendo San Giuseppe protettore, oltre che dei falegnami e degli orfani, anche dei poveri.
L’artara di San Giuseppe costituiscono un pezzo importante della cultura e dell’identità leonfortese. La tavolata non è un semplice tavolo espositivo, ma l’espressione di una fede che fa del cibo un elemento di comunicazione tra l’uomo e Dio.
Autore Scheda
Paola Barbata
Dai una valutazione (da 1 a 5)
4.003
Invia una comunicazione all'autore della pubblicazione
[contact-form-7 id="18385"]
Share